Amarone: un 2002 difficile

Per il quarto anno consecutivo il Palazzo della Gran Guardia di Verona diventa il palcoscenico dove presentare l’ultima annata di AMARONE da poco in commercio, ovvero la 2002.
La “due giorni” (11 e 12 febbraio) si è aperta con un convegno dal titolo: “Valpolicella Doc, un modello vincente”. Dopo i saluti di rito, da parte del moderatore, il giornalista Fabio Piccoli, prendono la parola i responsabili istituzionali:
L’onorevole Giorgetti invita a riflettere in merito alla difesa del marchio Valpolicella, citando ad esempio l’uso denigratorio e strumentalizzato, avvenuto un paio d’anni or sono ad opera della stampa Inglese, che, durante una campagna pubblicitaria, mirata a contenere l’abuso di alcol durante la guida, utilizzava, con un gioco di parole il nome Valpolicella, evidenziandone la parte centrale “police”.
L’onorevole ha poi concluso sollecitando che “Il nome Valpolicella deve proporsi come simbolo dell’eccellenza di Verona nel mondo”.
Il dottor Valenti, responsabile di Verona Fiere, nel suo intervento ha analizzato i problemi che la Fiera di Verona incontra da qualche anno, problemi legati in buona parte alla logistica, per la quale sono previsti notevoli investimenti, il primo di questi porterà all’apertura di un nuovo padiglione in occasione del prossimo Vinitaly.
A proposito di questa importante manifestazione, Valente ha evidenziato la crescente concorrenza dovuta al proliferare di altri eventi relativi al mondo vinicolo, ribadendo comunque che “Verona non si lascerà scippare il Vinitaly “.
L’assessore all’agricoltura Brunelli ha impostato il suo intervento sulla necessità per i viticoltori di confrontarsi con le amministrazioni comunali in merito ai nuovi piani regolatori: ”il territorio della Valpolicella classica è ormai diventato una zona residenziale, i vigneti sono inframmezzati da abitazioni e nei prossimi 10 anni si prevedono insediamenti che porteranno ad incrementare la popolazione di 7-8.000 unità, con un notevole impatto sul territorio”; occorrono quindi “nuove strategie per la Valpolicella”.
Il problema dei piani regolatori viene ripreso dal moderatore Piccoli che, prima di introdurre il presidente del Consorzio vini della Valpolicella, Emilio Pedron, primo relatore del convegno, ha ribadito l’importanza del paesaggio in un contesto di turismo del vino, proponendo dei: piani regolatori del vino.
Pedron, dopo aver velocemente riassunto i contenuti dei convegni precedenti – il primo imperniato sull’Amarone; il secondo, dove si presentava l’annata 2000, imperniato su “Amarone, vino di territorio” dove si evidenziava l’importanza del terroir, e non solo del metodo di produzione (leggi appassimento) ed il terzo che trattava del “percepito dell’Amarone” – ha poi introdotto il tema di quest’anno, ovvero “Lla filiera produttiva dell’Amarone e la sua notorietà”, sottolineando che “l’Amarone sembra non sentire la crisi che attualmente mette in difficoltà il comparto del vino, non solo italiano ma di tutta l’Europa, crisi dovuta si all’andamento economico mondiale, la svalutazione del dollaro ha causato un calo di esportazione in un mercato importante come quello americano, madobbiamo considerare anche un approccio più critico al vino da parte dei consumatori finali ed all’emergere sui mercati di nuove realtà produttive straniere, in primis l’Australia”.
”Nel mondo – ha proseguito Pedron – si è avuta negli anni passati una grande richiesta di vini di qualità, con conseguente adeguamento da parte dei produttori, sino ad arrivare all’attuale eccesso di prodotti con tali caratteristiche”.
Sono stati quindi evidenziati i problemi strutturali del mondo vitivinicolo italiano, la grande frammentazione del mercato, lo scarso approccio al marketing, in un mercato dove ormai la qualità da sola non è più sufficiente per sostenere la vendita di un prodotto; il reinvestimento dei guadagni avuti in anni di vacche grasse è stato indirizzato più al rinnovamento ed alla costruzione di cantine, a volte con costruzioni faraoniche, piuttosto che puntare su investimenti sul marketing e sull’immagine.
“In questo momento in Italia ci troviamo in periodo di crisi, c’è stato un calo generalizzato del prezzo delle uve, in alcune regioni sono state vendute addirittura in perdita; la Toscana paga l’incremento spesso non giustificato di alcuni vini con un notevole calo della domanda; della Sicilia, regione di moda nel comparto vinicolo, si parla molto ma non si vende abbastanza.
Noi dobbiamo approfittare della notorietà mondiale della Valpolicella, del successo dell’Amarone; occorre mettere a frutto gli investimenti effettuati, la presenza delle ottime strutture della citta’ di Verona; abbiamo marchi famosi e nuovi produttori emergenti; quello che occorre sono normative più semplici, e bisogna inoltre puntare più ad un risultato collettivo che non prettamente personale”.

Il presidente del Banco Popolare di Verona Fratta Pasini ha parlato di opportunità non sfruttate, di strutture cooperative non omogenee, di problemi di uomini nei consorzi di tutela, e persino di violazioni delle regole, e ha concluso ribadendo che occorrono notevoli risorse finanziarie.
L’intervento del professor Pomarici dell’Università di Napoli, dal titolo “Analisi economica della filiera vitivinicola della Valpolicella” è stato estremamente tecnico e dettagliato e ha riportato alcuni dati che evidenziano la realtà del comparto vitivinicolo della Valpolicella: 1.150 produttori di uva conferenti a privati; 1.350 produttori di uva soci di cooperative, 130 aziende vitivinicole, 6 stabilimenti enologici, 7 imprese cooperative, 225 imbottigliatori, di cui 188 operano al di fuori del territorio, e ben 37 all’estero.
Pomarici ha ricordati che la produzione di Amarone ha raggiunto in pochi anni numeri paragonabili all’80% di quella di Barolo e Brunello di Montalcino, mentre quella del Valpolicella si confronta numericamente con il Chianti Classico e la Barbera d’Asti.
Ma l’attenzione del numeroso pubblico si è poi rivolta al rumoroso ingresso in sala di un nutrito gruppo di persone: si trattava degli accompagnatori e della scorta del ministro Alemanno, il cui arrivo (non programmato?), direttamente dalla Fiera Agricola, in svolgimento nei padiglioni fieristici, ha scombussolato un poco il programma del convegno.
Introdotto dal presidente della camera di commercio di Verona, il ministro tocca nel suo breve discorso diversi temi legati al mondo agricolo e nello specifico del vino, come la recente approvazione della riforma delle Ocm (Organizzazioni comuni dei mercati agricoli), che snellisce parecchie procedure burocratiche relative al settore vitivinicolo; parla dell’Agenzia della sicurezza alimentare, che definisce standard di sicurezza molto più restrittivi rispetto al resto del mondo, che molto probabilmente avrà la propria sede a Verona; auspica che i soggetti addetti ai controlli nel comparto alimentare, siano definiti direttamente dalle Regioni ed infine annuncia che nel 2008 si terrà, sempre a Verona il congresso mondiale della Oiv (Organizzazione mondiale della vite e del vino).
Il presidente della camera di commercio di Verona ha parlato del progetto per un Sistema di qualità Verona, affermando in conclusione del suo intervento che “… la qualità non sarà più solamente una questione di etica, ma anche un grande strumento di promozione e di marketing”.
“Elementi di valutazione economica della Valpolicella” è il titolo della relazione del professor Berni dell’Università di Verona, che ha messo a confronto due modelli di sviluppo del territorio, il primo legato al concetto di “Denominazione di origine”, mentre il secondo, chiamato “Paniere di beni e servizi territoriali” presenta un’offerta più ampia e variegata con prodotti ad alta sinergia e complementarità. Dallo studio di Berni si evince che quest’ultimo modello è vincente, ed il valore della sua proposta è superiore alla somma dei singoli elementi presi in maniera separata.
Successivamente sono state analizzate le rispettive rendite differenziate di Valpolicella ed Amarone rapportate a un vino di riferimento, evidenziando il loro incremento esponenziale dei vini imbottigliati rispetto a quelli sfusi.
Ultima relazione è stata quella di Finzi, presidente di Astra Ricerche-Demoskopea, intitolata “Il rilancio della Valpolicella, oggi e domani”. Partendo da una ricerca commissionata al suo istituto, Finzi, utilizzando un linguaggio informale e coinvolgente, ha analizzato i dati e spiegato che circa 1/3 degli Italiani non beve vino, mentre circa il 40% lo consuma regolarmente, percentuale che aumenta nel Triveneto, dove si trovano ancora forti bevitori, con un’ età generalmente superiore ai 45 anni.
Il vino conquista sempre più la fascia dei giovani e delle donne, anche se si tratta di solito di consumatori saltuari; questi nuovi utenti sono soggetti ad alta scolarizzazione che amano soprattutto i vini rossi, leggeri, morbidi, facili da bere.
Il mercato del vino sta reagendo bene al calo dei consumi avvenuto 20-25 anni fa, soprattutto a causa di bevande alternative, nello stesso tempo è finita la sbornia e la follia dei vini dal tanto prestigio e spesso dalla poca sostanza, con un prezzo tale che spesso il consumatore si sentiva derubato.
Esiste ancora purtroppo un certo classismo del vino, con una sua inaccessibilità, soprattutto al ristorante
I consumatori sono diventati molto più attenti, una parte importante nella scelta è ormai data al cosiddetto rapporto qualità-prezzo, meglio ancora alla sostenibilità del prezzo; e da questo punto di vista il Valpolicella gode di un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Il consumatore è attratto dal recupero delle tradizioni, dai vini con una storia alle spalle; chiede vini buoni e sicuri, vini di qualità; i non addetti ai lavori inoltre associano a termini quali Doc e Igt concetti di qualità.
Nonostante l’avvento dei Wine Bar, degli Happy Hours e di altre occasioni alternative di consumo, la maggior parte del vino viene ancora consumato durante i pasti, soprattutto in quello serale, ed anche in queste occasioni i vini della Valpolicella risultano vincenti, possedendo, per le loro caratteristiche organolettiche la facilità di accostamento a molte pietanze e risultando quindi degli ottimi vini da tavola; nello stesso tempo bisogna però notare che mentre la fama dell’Amarone è in crescita presso i consumatori finali, quella del Valpolicella sta calando.
Altra nota positiva è data dalla facile reperibilità del prodotto; infine ci sono in Italia circa 6.300.000 consumatori di vini Veneti, oltre la metà dei quali sono vini della Valpolicella.
Venendo invece ai punti negativi Finzi ha evidenziato che una buona parte dei consumatori ancora non conosce il marchio Valpolicella, e soprattutto che sono troppo spesso gli stessi veneti a non supportare sufficientemente i vini di questa zona; altra nota dolente, come d’altronde evidenziato negli altri interventi, è la poca importanza data al marketing. Insomma: c’è ancora molto da fare.

AMARONE 2002 EN PRIMEUR
Ma veniamo alla parte che, dobbiamo ammetterlo, ci ha coinvolto di più, ovvero la degustazione in anteprima Amarone 2002.
Dopo un veloce buffet ha preso il via la presentazione alla stampa dell’annata 2002 da parte del presidente del consorzio di tutela dei vini di Valpolicella Emilio Pedron, e la degustazione dei vini presentati.
In un’annata difficile come quella del 2002 – caratterizzata da un’andamento climatico sfavorevole (leggi pioggia) e culminata in una grandinata di inizio agosto che, partendo dal lago di Garda, ha colpito un’ampia fascia dei vigneti della Valpolicella – parecchi produttori hanno preferito non commercializzare l’Amarone, prodotto di punta del territorio, utilizzando le uve solitamente impiegate per la produzione di questo vino per la Doc Valpolicella e soprattutto per il Valpolicella Ripasso.
La nostra degustazione si è comunque concentrata sull’assaggio degli Amarone presentati, poco più di una ventina di campioni, alcuni appena imbottigliati, altri addirittura prelevati dalla botte per l’occasione.
Il primo dato che emerge, tenendo ovviamente conto di quanto precedentemente esposto, e cioè che la maggior parte dei vini non era certamente al massimo delle proprie potenzialità, è che non si può certamente parlare di una grande annata; i vini degustati si caratterizzano inoltre per la grande disomogeneità, dovuta probabilmente alle tecniche adottate in cantina da qualche produttore per sopperire alle carenze oggettive della materia prima (uva), anche se molti prodotti risultavano ben fatti, con alcune punte di eccellenza.
La nostra personalissima classifica colloca al vertice l’Amarone di Cà Rugate, vino dal colore granato brillante, con sensazioni olfattive di buona evoluzione, intenso e fruttato in bocca, con un tannino presente ma già piacevole; un vino secondo noi già in grado di essere bevuto nonostante la giovane età. Seguono quindi, a pari merito il Falasco della Cantina Sociale della Valpantena, che si presenta intenso al naso, con frutto presente, mentre in bocca ci mostra un tannino di rara eleganza; ed il Terre di Cariano della cantina Cecilia Beretta, fiore all’occhiello del gruppo Pasqua, questo vino presenta all’olfatto un intenso sentore di prugna secca dolce, mentre in bocca è asciutto, con un tannino presente ma elegante, le sensazioni dovute all’appassimento non sono evidentissime dal punto di vista gustativo, il che lo rende molto bevibile.
Scendendo di un gradino la competizione si fa più accesa, e troviamo quindi parecchi vini a pari classifica: sempre della cantina Pasqua il Villa Borghetti, dal naso pulito e dall’appassimento appena percepibile, anche in questo caso molto asciutto in bocca, oserei dire “poco Amarone”, vino di facile approccio e di buona beva.
L’Amarone della Cantina di Soave si presenta con un bellissimo colore, con note di evoluzione e di frutta matura al naso, piacevole in bocca e di facile beva.
Il prodotto di Accordini Igino presenta un color sangue, intenso, profondo; buona l’intensità olfattiva, con note di frutta matura, soprattutto prugna; molto intenso in bocca, con alcol evidente e sentori di frutta sotto spirito, l’estratto è enorme e molto evidenti sono le note dovute all’appassimento; si tratta di un vino muscoloso, moderno.
Sempre a pari merito collochiamo il vino di Begali Lorenzo, color sangue non molto intenso, con note granate; buona l’intensità olfattiva, con sentori dolci di prugna secca; asciutto, alcolico, tannico e con sentori netti di legno in bocca, dove non rispecchia le sensazioni olfattive, anche se lascia prevedere una lunga evoluzione, dovuta anche ai tannini ancora un poco aggressivi.
L’Amarone Selezione Castagnedi della Tenuta Sant’Antonio presenta olfattivamente una evidente nota alcolica, con legno ben presente; anche in bocca l’alcol è chiaramente percepibile, con sentori di frutta sotto spirito.
Per chiudere questa batteria citiamo il Capitel della Crosara di Montresor, dal naso semplice, fruttato, soprattutto prugna, morbido e molto piacevole in bocca.
Proseguiamo con altri tre vini classificati alla pari: l’Amarone di Sartori, pulito e dal grande frutto al naso, di facile bevibilità anche se un poco magro in bocca. Anche il vino dell’azienda Trabucchi offre un frutto netto al naso, frutto che ritroviamo in bocca, unito ad un tannino evidente e ad una elevata nota alcolica.Il Monte della Fontana della Cantina di Valpantena presenta un alcol molto evidente al naso ed una notevole intensità alla bocca.
Veniamo ora al vino delle cantine Bertani, granato poco intenso ma molto brillante; delicato al naso, con note di frutta dolce e leggeri sentori di legno; in bocca presenta un buon frutto ed una notevole aggressività sia come alcol che come tannino.
Un gradino sotto poniamo il vino della Fabiano, di color granato scarico, alcolico sia al naso che alla bocca, dotato di una buona morbidezza; Amarone di facile beva anche se con alcol prepotente.
Sempre scendendo collochiamo a pari classifica l’Amarone di Giuseppe Campagnola, dal colore un poco scarico; alcolico, con legno percepibile e tannino un poco prepotente.
Il prodotto dell’azienda agricola Recchia che si presenta con un naso non elegantissimo ed in bocca anche il tannino non è molto fine; mentre quello di Santi ha un’acidità volatile percepibile.Infine il Domini Veneti della Cantina di Negrar presenta evidenti note tostate ed un tannino un poco amaro.
Abbiamo inoltre degustato, assegnando loro un punteggio tra 83 e 84/100 l’Amarone Classico dell’azienda Bonazzi; il San Michele Classico di Rigetta Gianluigi; il vino della. Guerrieri Rizzardi e quello prodotto da Tezza.
Per avere un termine di paragone dal punto di vista del punteggio precisiamo che al vino collocato al vertice sono stati assegnati 89/100.
Lorenzo Colombo

pubblicato in origine su www.vinealia.org

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