Terra Amena: Dal Vulcano al Mare, dal Lago alla Valle
Tour per aziende (al femminile) a sud di Roma
Un press tour organizzato dalle Donne del Vino del Lazio ci ha portato in tre giorni alla scoperta di sette aziende sparse sul territorio a sud di Roma, da Marino a Genzano, da Velletri a Cori, sette realtà diversissime tra loro, sia per quanto riguarda le rispettive estensioni vitate ed il relativo numero di bottiglie prodotte, sia per quanto riguarda la filosofia produttiva.
La prima delle aziende visitate è stata Ômina Romana, situata nel comune di Velletri e fondata nel 2007 dalla famiglia Böerner, i primi impianti risalgono al 2009 e la prima vendemmia al 2011.
Lo stile dei vini prodotti è molto internazionale, nella modernissima cantina –alla quale s’accede solamente dopo aver indossato dei sovrascarpe- inaugurata nel 2013, si trovano 500 barrique francesi di cinque diverse tonnelleries, ogni anno ne vengono sostituite il 90%.
Appena arrivati pare d’accedere ad una zona militare, con altissime recinzioni sormontate da rotoli di filo spinato –ci viene detto che in passato ci sono stati diversi tentativi d’intrusione- l’azienda s’estende su 86 ettari, 62 dei quali vitati ed i vigneti sono caratterizzati dalla fittezza d’impianti 6.000 ceppi/ha.
Numerosi i vitigni coltivati, principalmente internazionali, le varietà più presenti sono a bacca rossa (70%) ovvero Merlot, Cabernet sauvignon e franc, mentre per quelli a bacca bianca troviamo Chardonnay, Viognier e Petit Manseng, utilizzati sia come monovitigno che in blend, non mancano però uve locali come Bellone e Cesanese, ed anche Incrocio Manzoni 6.0.13.
14 i vini in catalogo, suddivisi su due linee produttive, la Ômina Romana e la Ars Magna, quest’ultima riservata a vini da monovitigno internazionale affinati in legno.
Sono 250.000 le bottiglie prodotte attualmente (con un potenziale di almeno il doppio), il 50% delle quali destinate all’export, sin da subito si è optato su una fascia di prezzo premium che va dai 22 euro (prezzo al pubblico in cantina) dell’Hermes Diactoros II, frutto di un complesso blend tra vitigni internazionali e non (33% Viognier, 29% Chardonnay, 19% Bellone, 13% Incrocio Manzoni e 6% Petit Manseng) vinificato ed affinato in acciaio, sino ai 125 euro del Ceres Anesidora I, unico vino appartenente alla Linea Top frutto di un blend in parti uguali tra Cabernet sauvignon e Cabernet franc, che s’affina per 24 mesi in barriques.
Tra i vini assaggiati – tutti escono come Igt Lazio- segnaliamo lo Chardonnay 2021 della linea Ômina Romana, vinificato ed affinato in acciaio che si presenta con un color giallo paglierino intenso e luminoso, intenso anche al naso dove cogliamo un frutto giallo maturo unito a sentori vanigliati e di nocciole che in un primo tempo ci hanno fatto pensare all’uso del legno. Strutturato e succoso alla bocca, morbido ed al contempo sapido, vi ritroviamo le note vanigliate unite a leggeri accenni piccanti, buona la sua persistenza.
Vino di fascia di prezzo ben più alta (95 euro) è il Cabernet Franc 2018 della linea Ars Magna, dal color granato luminoso di discreta profondità. Intenso al naso dove all’inizio cogliamo un deciso sentore di peperone che però in poco tempo s’attenua lasciando spazio a leggere note affumicate; fresco alla bocca, succoso e discretamente strutturato, i sentori vegetali, seppur presenti, sono ben digeriti, vi si percepiscono note piccanti (un leggero peperone), lunga infine la sua persistenza.
Azienda completamente diversa è quella di Donato Giangirolami, nata nel 1957 tramite l’acquisto di cinque ettari di terreno da parte di Dante Giangirolami, s’inizia infatti con tre ettari di Moscato di Terracina e due ettari di Bellone per arrivare agli attuali 45 ettari, suddivisi in tre distinti appezzamenti, due dei quali situati nell’area della denominazione Castelli Romani e la terza in quella della Doc Cori, comunque tutti i vini sono prodotti come Igp Lazio.
Il figlio Donato, che attualmente gestisce l’azienda -alla quale ha dato nome- con il contributo delle figlie Federica, Chiara e Laura, sin da tempi non sospetti -siamo nel 1993- è tra i pionieri locali della viticoltura biologica.
I vigneti si trovano in località Doganella di Ninfa nel comune di Cisterna di Latina, e nel comune di Latina in località Borgo Montello, qui si trova anche la cantina.
I vitigni coltivati sono sia quelli locali come Grechetto, Malvasia puntinata e Nero buono, sia quelli internazionali, ovvero Viognier, Sauvignon blanc, Chardonnay, Syrah, Merlot, Cabernet sauvignon e Petit Verdot.
Se ne ricavano circa 90.000 bottiglie/anno, suddivise in 10 etichette che, durante la nostra visita in azienda, le tre figlie di Donato ci hanno fatto assaggiare tutte quante.
I vini che abbiamo preferito sono:
– Lazio Igp Bianco Spumante “Nynphe” 2018
Prodotto con uve grechetto coltivate vicino all’antica città di Ninfa, viene prodotto tramite un processo da loro definito “Metodo Classico Ancestrale”, ovvero la fermentazione alcolica viene interrotta tramite l’utilizzo del freddo quando ancora il vino possiede un certo residuo zuccherino, una volta imbottigliato riprende la fermentazione in modo da produrre uno spumante, s’affina quindi in bottiglia per circa tre anni e viene quindi sboccato per eliminare la feccia prodottasi.
Il colore è giallo paglierino di buona intensità tendente al dorato.
Sentori di lieviti, frutta a polpa gialla, erbe officinali, accenni fumé.
Sapido, discretamente strutturato, sentori di lieviti e di pesca gialla.
Vino gastronomico.
– Lazio Igp Grechetto “Propizio”
Sono tre le annate di questo vino che abbiamo potuto assaggiare, quelle che maggiormente abbiamo apprezzato sono nell’ordine la 2021 e la 2022.
Il vigneto si trova a Doganella di Ninfa su suolo argilloso e sottosuolo tufaceo, la densità d’impianto è di 4.000 ceppi/ha.
Vinificazione ed affinamento s’effettuano in vasche d’acciaio dove il vino sosta per sei mesi con ripetuti batonnage.
Il vino dell’annata 2021 è caratterizzato da un color paglierino dorato, fresco e verticale al naso dove presenta sentori d’erbe officinali; fresco, sapido, asciutto, verticale, succoso alla bocca dove cogliamo accenni d’agrumi, buona la sua persistenza.
L’annata 2022 ci dona un vino dal color giallo paglierino di buona intensità con riflessi dorati, fresco e pulito al naso, con sentori d’erbe officinali e frutta a polpa gialla, pesca. Sapido, fresco e succoso al palato, con un bel frutto dolce, pesca gialla e buona persistenza.
– Lazio Igp Nero Buono “Lepino” 2019
Le uve provengono da un vigneto situato a Doganella di Ninfa, il suolo è argilloso, con sottostante tufo, il sistema d’allevamento è a Guyot con densità di 4.000 ceppi/ha.
Dopo la fermentazione il vino s’affina per 12 mesi in botti di rovere da 10 ettolitri.
Intenso il color rubino, luminoso.
Bel frutto al naso, leggere note selvatiche.
Asciutto, con tannino deciso e leggermente astringente, accenni piccanti e sentori di legno, buona la sua persistenza.
La successiva azienda visitata è la Cantina Cincinnato, fondata nel 1947 a Cori, l’azienda dispone attualmente di 268 ettari di vigneti gestiti dai suoi 105 soci, per una produzione annuale di 950.000 bottiglie distribuite su cinque linee produttive ed una ventina d’etichette.
Nel 1978 è stata costruita una nuova cantina e nel 2001 è stato implementato il “Progetto Qualità”, puntando sulle uva autoctone Bellone e Nero Buono, un centinaio d’ettari di questi due vitigni sono condotti da oltre 20 anni in biologico.
La Cincinnato s’è inoltre dotata, nel 2013, di un Wine Resort – dove abbiamo alloggiato durante il press tour- ristrutturando un antico casale.
Tra i vini degustati quelli che abbiamo preferito sono lo Spumante Metodo Classico Korì Pas Dosé 2016, ottenuto con uve Bellone (l’azienda può contare su 60 ettari di questo vitigno, su un totale regionale di 468 ettari), la pressatura molto soffice consente d’ottenere una resa del 50%, dopo la prima fermentazione, che si svolge in vasche d’acciaio il vino viene posto in bottiglia per la spumantizzazione dove rimane sui lieviti per almeno 36 mesi.
Dal color giallo dorato luminoso di buona intensità.
Intenso al naso dove presenta un bel frutto a polpa gialla ed accenni di lieviti.
Decisa la sua effervescenza, sapido, con accenni vegetali e fin di bocca leggermente amarognolo.
Nota: questo spumante viene anche prodotto in versione Brut.
Altro vino che abbiamo trovato simpatico e dalla piacevolissima beva è il Pet Nat “Bombo” Rosè, da uva Nero buono, vitigno del quale i soci della cooperativa detengono poco meno di un terzo della superficie vitata regionale (26 ettari su un totale di 90 ettari).
Prodotto con il Metodo Ancestrale si presenta con un bellissimo color cipria opalescente, mediamente intenso al naso dove si colgono sentori di lieviti e di piccoli frutti di bosco.
Fresco e decisamente sapido, con sentori birrosi e di fragolina, leggero di corpo e dalla lunga persistenza.
Un vino godibilissimo del quale se ne producono circa 5.000 bottiglie.
Passiamo ora ad una storica e nobile famiglia, quella dei Jacobini che produceva vini sin dal XVII secolo, durante la Seconda Guerra Mondiale gli impianti andarono completamente distrutti e due dei fratelli Jacobini perirono nel conflitto e l’unica superstite, Margherita, unitamente ad altri viticoltori fondò una cooperativa.
L’azienda dispone di 40 ettari di vigneti tra Ariccia ed Albano Laziale e le uve prodotte vengono tradizionalmente conferite, nel 2019 però si è deciso di riprendere l’attività produttiva completa iniziando per ora con un unico vino, un Igp Lazio Bianco, prodotto con uve Trebbiano toscano provenienti da un vigneto situato ad Ariccia, a 200 metri d’altitudine su suolo d’origine vulcanica, le densità d’impianto è di 1.100 ceppi/ha e la resa di 100 q.li/ha.
La vinificazione viene effettuata in vasche d’acciaio e la produzione è di 3.300 bottiglie, la prima annata di produzione è stata la 2021.
Sono due le annate che abbiamo potuto degustare, quella che maggiormente abbiamo apprezzato è la 2022, il vino si presenta con un color paglierino di media intensità, pulito e fresco al naso dove si coglie un frutto a polpa bianca soprattutto pesca unito a sentori d’agrumi.
Fresco e succoso alla bocca, mediamente strutturato, con un bel frutto, vi ritroviamo la pesca bianca e la mela, leggere note minerali e buona la persistenza.
Altra minuscola azienda -si tratta di tre ettari di vigne ereditate dai nonni- è Vigne Toniche la cui particolarità è data dalla riscoperta di due vitigni quasi scomparsi, il Reale di Esperia e l’Olivella di Esperia, entrambi inseriti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel febbraio 2021, rispettivamente con i nomi di Reale Bianco e Raspato Nero.
Di entrambi i vitigni pare ce ne siano unicamente cinque ettari dislocati nei comuni di Esperia e di quello di Pontecorvo, in provincia di Frosinone e, pur non essendoci informazioni precise, pare siano coltivati in zona da oltre un secolo.
Stefania Vallone ed il fratello Roberto, con in contributo del padre Ottavio ne ricavano due vini, il Vino Bianco “Reale” del quale abbiamo assaggiato la prima annata prodotta, ovvero la 2019, trovando un vino un poco stanco ed il Vino Rosso “Hesperum”, sempre dell’annata 2019, quest’ultimo è quello che maggiormente abbiamo apprezzato, caratterizzato da un color prugna profondo, si presenta intenso al naso, con sentori di frutti rossi ed accenni floreali. Mediamente strutturato, con un bel frutto rosso ed una nota rustica ingentilita da leggeri accenni speziati che rimandano al pepe, buone sia la trama tannica che la persistenza.
Entrambi i vini sono vinificati ed affinati in acciaio.
Ritorniamo ad un’azienda di dimensioni rispettabili con Parvus Ager di proprietà della famiglia Lulli, situata al X Miglio, nel cuore dell’Appia Antica, pur non disdegnando vini ottenuti da vitigni internazionali come Merlot, Cabernet, Syrah, Viognier e Sauvignon blanc, ha puntato molto sulla recente Doc Roma.
Diversi ettari sono poi destinati alla produzione di kiwi e ad oliveto, non manca poi un orto per la produzione di verdura destinata al ristorante di proprietà.
La modernissima cantina è stata inaugurata con la vendemmia 2020.
Tra i vini assaggiati segnaliamo i due Roma Doc, il Roma Doc Bianco 2022 ed il Roma Doc Rosso Riserva 2020.
Il primo vino, prodotto con Malvasia puntinata e Trebbiamo verde si presenta con un color giallo paglierino di buona intensità con riflessi dorati, intenso al naso dove presenta leggeri accenni aromatici uniti a sentori di frutta a polpa gialla, pesca gialla in primis. Succoso e discretamente strutturato, morbido, fruttato, con note d’agrumi ed accenni vanigliati, chiude con buona persistenza su note di salvia.
In definitiva un vino facile e dalla piacevole beva.
Il Roma Doc Rosso Riserva 2020 ha un colore profondissimo, quasi nero, intenso al naso, con sentori di frutta rossa dolce, legno dolce e note umide. Dotato di buona struttura, con note tostate, accenni piccanti e legno ancora percepibile, buona la sua persistenza.
L’ultima minuscola azienda della quale abbiamo assaggiato i vini è Vini Valle Marina, situata a Monte San Biagio, in provincia di Latina, poco a nord del Lago di Fondi, si tratta di una delle poche aziende (ce ne risultano unicamente tre) che produce il Moscato di Terracina Doc.
Il Moscato di Terracina è una tra le diverse varietà di Moscato, tra i suoi sinonimi troviamo Moscatello e Moscatellone, si tratta di una varietà poco diffusa che si trova unicamente nel Lazio dove, oltre che nel Moscato di Terracina Doc, può essere utilizzata in alcuni vini ad indicazione geografica.
Secondo il censimento agricolo del 2010 ne risultavano circa 140 ettari in totale.
Il disciplinare di produzione della Doc Moscato di Terracina (o Terracina) prevede quattro diverse tipologie, ovvero Fermo /Secco, Amabile e Passito) e Spumante.
Sono tre i vini che abbiamo assaggiato, quello che abbiamo trovato più interessante è il Donna Marina, versione Secca dell’annata 2021.
Nel bicchiere troviamo un vino dal color giallo paglierino intenso, con riflessi dorati.
Decise le note aromatiche al naso unite a sentori di frutta gialla matura, pesca, note tropicali ed agrumi maturi.
Alla bocca troviamo note d’agrumi, canditi, mandorle, scorze d’arancio, uva sultanina, leggermente amaricante il fin di bocca.
Lorenzo Colombo