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Due annate di San Leonardo

La Tenuta San Leonardo, di proprietà dei Marchesi Guerrieri Gonzaga s’estende per 300 ettari ad Avio, nella parte più meridionale del Trentino, ai confini col Veneto.
Gli ettari vitati sono poco più d’una quarantina, tre quarti dei quali coltivati con vitigni a bacca rossa, situati tutt’attorno al piccolo borgo dove trovano sede la cantina di vinificazione, la barricaia, il museo del vino, una piccola chiesa e lo shop aziendale, poco più distante si trova la villa padronale.

Tenuta e vigneti – Foto tratta dal sito Grandigiardini.it

L’azienda ha sede in quello che un tempo fu un monastero, qui la famiglia Gonzaga si è stabilita più di tre secoli addietro, nel 1724, dedicandosi sin da subito alla viticoltura, favorita dalle particolari condizioni climatiche dettate dalla presenza dei venti caldi provenienti dal Lago di Garda, posto a Sud e dalla protezione dei venti nordici data dalle montagne.

Il San Leonardo, vino simbolo della Tenuta è uno dei più interessanti tagli bordolesi italiani, composto da 60% Cabernet sauvignon, 30% Carmenère e 10% Merlot, creato nel 1982 dal Marchese Carlo Gonzaga con la collaborazione di Giacomo Tachis e che ora vede come enologo consulente Carlo Ferrini.

Alla sua prima uscita furono solamente 5.000 le bottiglie prodotte cresciute col passare degli anni sino alle attuali 85.000-90.000.
Come tutti i grandi vini viene prodotto unicamente nelle annate migliori, ragione per cui non ha visto la luce negli anni 1984, 1989, 1992, 1998, 2002, 2009 e 2012.

Frutto di una fermentazione spontanea in vasche di cemento viene affinato per 24 mesi in barriques in parte nuove.

Nell’ambito del Paestum Wine Fest, tenutosi a Capaccio dal 25 al 27 marzo scorsi, abbiamo partecipato ad una Masterclass che vedeva in degustazione due annate di questo vino distanti oltre dieci anni l’una dall’altra.

Due vini ovviamente assai diversi tra loro, nel primo s’intuisce tutto il potenziale di un vino già grande pur nella sua gioventù, nel secondo andiamo a cogliere le note più pacate ma ancor vive di un vino maturo.

Eccoli dunque, accompagnati da sintetiche note degustative:

2018 – Color rubino luminoso.
Intenso al naso dove troviamo un vino elegante, che presenta note affumicate ed accenni balsamici uniti a leggeri sentori vegetali che rimandano al peperone.
Fresco alla bocca, con un buon frutto, vi ritroviamo tutto quanto percepito al naso, balsamicità, accenni vegetali, leggere note piccanti, lunga la sua persistenza e, nuovamente, eleganza.

2006 – Color granato profondo con unghia tendente all’aranciato.
Un poco austero e chiuso all’inizio, si apre col tempo su note terziarie ed un poco evolute che rimandano alle radici, al sottobosco, al tabacco dolce ed ai fiori secchi, ha perso invece le leggere note vegetali riscontrate nel vino più giovane.
Dotato di buona struttura vi cogliamo una leggera nota piccante che ricorda il pepe, nuovamente sentori terziari di radici e sottobosco, buona la sua trama tannica e buona la persistenza che chiude su note di radice di liquirizia.
Lorenzo Colombo

Ps: un annetto fa nella rubrica settimanale VINerdì IGP Luciano Pignataro ci aveva presentato l’annata 2017 (vedi).