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Erbaluce, catturare l’alba in un acino

Che l’Erbaluce fosse un vitigno eclettico lo sapevamo da tempo e l’ennesima dimostrazione ci è stata data da questa degustazione in video-collegamento con Lorenzo Simone, vicepresidente del Consorzio, Domenico Tappero Merlo, consigliere del Consorzio e l’enologo Giampiero Gerbi, consulente di diverse del territorio canavesano, durante la quale abbiamo potuto degustare un, seppur limitato, campionario di tutte le tipologie che si possono ottenere all’interno della denominazione Erbaluce di Caluso.

Il consorzio che tutela l’Erbaluce di Caluso ha una storia particolare, fondato nel 1991 col nome di Consorzio Erbaluce Carema sulle ceneri del preesistente Centro di Tutela e Valorizzazione Vini Doc di Caluso, nel 1996 ha assunto la tutela della Doc Carema e due anni dopo della Doc Canavese ed ha assunto il nome attuale (un poco lungo per la verità) di Consorzio di Tutela e Valorizzazione vini Docg Caluso, Carema e Canavese Doc.
Il Consorzio riunisce 37 soci che rappresentano il 90% dei produttori delle tre denominazioni, ci sono inoltre altre 30 cantine non associate.

Il disciplinare di produzione prevede le seguenti tipologie di vino:

“Erbaluce di Caluso” o “Caluso”
“Erbaluce di Caluso” spumante o “Caluso” spumante
“Erbaluce di Caluso” passito o “Caluso” passito
“Erbaluce di Caluso” passito riserva o “Caluso” passito riserva

Il territorio della denominazione si sviluppa su 37 comuni, 33 dei quali situati in provincia di Torino, tre in quella di Biella ed uno in quella di Vercelli, è situato nell’anfiteatro morenico di Ivrea, formatosi tramite il trasporto di sedimenti operato dal ghiacciaio della vallata della Dora Baltea durante il periodo quaternario.

L’unico vitigno utilizzabile è l’Erbaluce, uva diffusa anche in zone adiacenti ed utilizzato ad esempio nelle Doc Colline Novaresi Bianco e Coste della Sesia, ma che al di fuori della denominazione Caluso è proibito menzionare in etichetta (cosa che avviene per un pugno di vitigni italiani, ma che personalmente non condividiamo).

Per quanto riguarda la tipologia Spumante l’unico sistema di elaborazione consentito è quello del Metodo Classico con permanenza minima sui lieviti di 15 mesi.
Per il Caluso Passito è previsto un affinamento minimo di tre anni che diventano quattro per la tipologia Riserva.

Seppur sparsa su un territorio così ampio in realtà la superficie vitata rivendicata per la Docg è limitata a soli 256 ettari e, per quanto riguarda la produzione i dati forniti da Lorenzo Simone indicano in circa 800.000 le bottiglie di vino fermo, 96.000 quelle di spumante e 24.000 mezze bottiglie di passito, stiamo quindi parlando di una piccola denominazione.

Sempre Simone specifica che sono 425 gli ettari vitati totali del canavese, questo dato è piuttosto scioccante se rapportato ai 12.672 ettari riportati nel censimento agricolo, voluto dai Savoia, nel 1819.

Nella sua esposizione Domenico Tappero Merlo ha tracciato la storia del territorio e del vitigno con la formazione del suolo del Canavese iniziata 140 milioni d’anni fa e conclusasi circa 10.000 anni fa, questo ha fatto si che in realtà l’anfiteatro morenico d’Ivrea formatosi dall’arretramento del ghiacciaio Balteo, sia  costituito da almeno tre diverse formazioni moreniche avvenute in tempi diversi, la parte più esterna si è formata tra 1,65 milioni e730.000 anni fa, mentre le parte più interne si sono formate, la prima tra i 730.000 ed i 130.000 anni fa e la seconda tra 130.000 e 9.500 anni fa.
Di conseguenza anche se generalizzando  il suolo è costituito per ben il 79% da sabbia, il 12% da limo e solamente il 9% da argilla, abbiamo a seconda delle zone  grandi differenze tra i suoi numerosi elementi: micacisti, ortogneiss, quarziti, gabbri, sepentiniti, rocce vulcaniche, calcescisti, scisti, graniti, sabbie fossilifere, granuliti e tutto questo influisce ovviamente sulle caratteristiche dei vini.

Quando i Romani conquistarono questo territorio trovarono una viticoltura già sviluppata da parte dei popoli che l’abitavano, i Salassi.
Del vino canavese ne scrive Andrea Bacci nel 1500 dicendo che viene trasportato anche a Roma, Giovan Battista Croce, gioielliere di casa Savoia, nel 1606 descrive l’Erbalus, detta anche Albaluce dicendo che mentre matura si colora di rosa e che fa “vini buoni e stomacali, ne parla inoltre Tommaso Valperga nel 1760 e nel 1886 nella lista dei vini relativa al 3° Congresso della Maschere Italiane troviamo un “Sauterne di Caluso”, a riprova della produzione del vino passito.
Nella carte dei vini dell’epoca i vini di Caluso avevano un’alta considerazione e di conseguenza un prezzo elevato pari a quello dei grandi vini di Bordeaux: Lafitte, Saint-Emilion, Saint Estephe, Saint Emilion.

Il vitigno
I dati ISTAT, risalenti purtroppo ancora al 2010, parlano di 319 ettari totali, che corrispondono quasi all’unità a quelli forniti dal Which Winegrapes Varieties are Grown Where? e relativi al 2016 dove vengono rilevati 316 ettari, 311 dei quali collocati in Piemonte.

L’Erbaluce è un vitigno dalla buccia spessa, quindi ideale per l’appassimento, tanto che in passato l’uva appassita veniva consumata nelle festività, la buccia inoltre contiene molti polifenoli, il vitigno è vigoroso, resistente alla botrite ed in grado di mantenere un’elevata acidità -tende ad accumulare acido malico- e di accumulare molti zuccheri.

Passiamo ora ai vini degustati e raccontati da Giampiero Gerbi, si tratta di tutte le tipologie prodotte, assaggiate a coppie.

Iniziamo dai vini spumanti

Marco Rossa – Caluso Docg Spumante Metodo Classico Pas Dosé “Stevo” 2020
Azienda di recente costituzione -è nata infatti nel 2012- situata a Borgomasino, la prima bottiglia esce nell’agosto 2017

Le uve provengono da vigneti posti nel comune di Borgomasino tra i 260 ed i 300 metri d’altitudine, il sistema d’allevamento è a pergola e la resa è di 80 q.li/ha.
La fermentazione si svolge in vasche d’acciaio, la sosta sui lieviti in bottiglia è di almeno 24 mesi (nel nostro caso sono 32).

La spuma è abbondante ed evanescente, molto bella l’effervescenza, con bollicine sottilissime e persistenti, il colore è paglierino-dorato scarico.
Bel naso, intenso, fresco, verticale, agrumato, presenta note floreali e leggerissimi accenni di lievito di birra e di crosta di pane.
Verticale, sapido, minerale, molto fresco, con spiccata vena acido-citrina, accenni di crosta di pane, agrumi (limone), lunga la sua persistenza.

Cieck – Caluso Docg Spumante Metodo Classico Brut “San Giorgio” 2020
Azienda fondata nel 1985 e situata ad Aglié, dispone di 13 ettari di vigneti, oltre all’Erbaluce (vitigno principale), si coltivano Nebbiolo, Barbera, Freisa e Neretta.

Prodotto per la prima volta nel 1985 da Remo Falconieri -pioniere della spumantizzazione dell’Erbaluce- dopo aver frequentato un corso sulla spumantizzazione ad Epernay.
Le uve provengono da un vigneto di 30 anni d’età posto a 320 metri d’altitudine, esposto a Sud-Est e condotto a pergola.
L’affinamento sui lieviti perdura per almeno 24 mesi (per questo vino i mesi sono 36).

Spuma abbondante ed evanescente, bella l’effervescenza, colore paglierino-dorato luminoso, leggermente più intenso rispetto al precedente vino.
Intenso al naso dove ci pare più maturo del precedente, vi cogliamo sentori d’agrumi maturi, frutta a polpa bianca, pesca, ananas, pan brioche e lieviti.
Fresco, sapido e cremoso, minerale, più strutturato rispetto al precedente, con spiccata vena acido-agrumata, buon frutto e lunga persistenza.

Entrambi i vini ci sono molto piaciuti, denotano un comune filo conduttore dato dalla vena acido-agrumata e dalla nota sapida, anche se si presentano piuttosto diversi tra loro, più fresco e verticale il primo, più maturo il secondo.

I vini fermi (giovani)

Orsolani – “La Rustìa” Caluso Docg 2022
L’azienda, guidata da Luigi Orsolani, è stata fondata nel 1894 ed è ormai giunta alla quarta generazione, è situata a San Giorgio Canavese dove dispone di circa 20 ettari di vigne per una priduzione annuale che s’aggira sulle 130.000 bottiglie.

Prodotto per la prima volta nel 1985 tramite una selezione di uve arrostite dal sole (da qui il nome).
La maggior parte dei vigneti sono situati tra i 300 ed i 350 metri d’altitudine.
Fermentazione ed affinamento (sui lieviti) si svolgono in vasche d’acciaio.

Color paglierino luminoso di media intensità.
Bel naso, intenso, fresco, presenta sentori di pesca, erbe aromatiche e leggere note di fieno.
Fresco e verticale, sapido, di discreta struttura, con buona vena acida, vi cogliamo leggeri sentori di timo e d’agrumi, chiude leggermente vegetale e mandorlato con lunga persistenza.

Azienda Vitivinicola Giacometto Bruno – Caluso Docg “Aὐτόχϑ∞ν” Bio 2022
Azienda storica situata a Caluso alla quale è stata data una nuova impronta nel 2001, nel 2006 è stata inaugurata la nuova cantina.
Sono 8,5 gli ettari vitati per una produzione annuale di 20.000 bottiglie.

Questo vino nasce nel 2013 da una selezione di uve provenienti da vigneti di 30 – 50 anni d’età, posti tra i 300 ed i 350 metri d’altitudine a Caluso, nelle località Macelio e Madonna.
Il sistema d’allevamento è a pergola canavesana con densità di 2.000 – 2.500 ceppi/ha che danno una resa di 110 q.li/ettaro.

La fermentazione avviene tramite lieviti indigeni con uve preventivamente raffreddata in cella per 4–5 giorni a bassissima temperatura (4°C), la pressatura prevede una macerazione pellicolare di 12–24 ore, la fermentazione si svolge in vasche d’acciaio dove poi il vino s’affina sui lieviti con periodici batonnages, segue una sosta in bottiglia per un anno prima della messa in commercio.
Le bottiglie prodotte variano, dipendentemente dall’annata, dalle 5.000 alle 10.000.

Color giallo paglierino di media intensità, luminoso, un poco più intenso rispetto al precedente vino.
Discretamente intenso al naso, minerale, sentori d’erbe aromatiche (camomilla), note floreali e di frutta a polpa gialla.
Sapido e strutturato, con bella vena acida, sentori d’erbe aromatiche, chiude con buona persistenza su leggere note vegetali.

Anche in questo caso abbiamo trovato due vini coerenti con il vitigno di provenienza, entrambi caratterizzati da leggere note vegetali e chiusura leggermente amarognola (mandorlata), più fresco e verticale il primo, più maturo il secondo.

I vini fermi (maturi)

Kalamass – Caluso Docg 2020
L’azienda di Riccardo Boggio, enologo canavesano, è di recentissima costituzione, essendo nata nel 2018.

Il vino fermenta per il 30% in barriques usate, ed il 70% in acciaio, affinamento per 12 mesi sulle fecce fini con parziale malolattica, riposo in bottiglia per due anni prima della commercializzazione.
Kalamass è il nome col quale veniva identificata la Serra Morenica d’Ivrea dai Salassi, popolazione che abitava quei territori prima della colonizzazione romana.

Color giallo dorato, intenso e luminoso.
Pulito al naso, con sentori di fiori gialli, frutta a polpa gialla e note tropicali, fiori secchi, pane tostato, castagne, l’utilizzo del legno è piuttosto evidente.
Strutturato, con accenni piccanti di zenzero, mela matura, legno in evidenza, accenni idrocarburici, leggera tendenza ossidativa.

– ​Tappero Merlo Domenico – Caluso Docg “Kin” 2019
Azienda fondata nel 2001, dispone di vigneti situati in tre diverse zone per un’estensione totale di 19 ettari.

Le uve provengono da un vigneto posto tra i 300 ed i 350 metri d’altitudine, allevato a Guyot con densità di 4.500 ceppi/ha e con resa bassissima (35-40 ettolitri/ha).
Il suolo è composto in maggior parte da sabbia (80%), con un 15% di limo e con argilla per la parte rimanente.
La fermentazione s’effettua in un tino di rovere tramite lieviti spontanei e l’affinamento del vino si svolge in botti di rovere francese da 20 ettolitri sui lieviti con ripetuti batonnages per un periodo variabile, secondo le annate, di 18 – 36 mesi.
Segue l’assemblaggio in vasche d’acciaio dove il vino rimane per alcuni mesi e quindi un’ulteriore sosta in bottiglia prima della commercializzazione.
Un’ultima annotazione riguarda il curioso nome del vino che è quello del soprannome dato al nonno di Domenico.

Color giallo dorato luminoso.
Buona la sua intensità olfattiva giocata su sentori di pesca gialla, frutta tropicale, buccia di mandarino, fieno e leggere note boisé.
Dotato di buona struttura, con legno abbastanza percepibile che lo caratterizza per una nota quasi tannica, agrume essiccato, il fin di bocca chiude su sentori leggermente vegetali e amarognoli-ammandorlati.

Se nei due vini giovani avevamo colto freschezza, verticalità e buona riconoscibilità del vitigno, non possiamo dire la stessa cosa per questi due vini più maturi dove i sentori dati dal legno (soprattutto nel primo) vanno un poco a coprire il vitigno.
Potrebbe anche essere un qualcosa che verrà mitigato dal tempo, comunque noi abbiamo preferito le versioni più fresche e affinate in contenitori neutri.

I vini passiti

Cantina Massoglia – Caluso Docg Passito 2016
Circa otto ettari di vigneti ad Agliè, dove, oltre all’Erbaluce, si coltiva anche Barbera.

Le uve provengono da vigneti allevati a pergola canavesana che danno una resa di 30 q.li/ettaro, l’appassimento viene protratto sino al mese di gennaio.
La fermentazione s’effettua in vasche d’acciaio ed il vino s’affina in barriques e tonneaux per qualche anno, segue una sosta in bottiglia per qualche mese prima della commercializzazione.

Color ambrato.
Complesso al naso, si colgono note ossidative, sentori di fichi essiccati al sole, caramelle d’orzo, mandorle, noci, miele di castano, caramello.
Dotato di notevole struttura, pastoso, dolce/non dolce, sapido, note di rabarbaro, miele di castagno, cotto di fichi, accenni di radici, persistenza lunghissima.

​Cantina della Serra – Caluso Docg Passito Riserva 2015
Costituita nel 1953 con 99 soci che, solamente quattro anni dopo diventarono 617 e nel 1961 raggiunsero il numero di 1.018.
Attualmente i soci sono 230 e gestiscono 150 ettari di vigneti, 110 dei quali iscritti alla Docg

Le uve provengono da vigneti allevati parte a pergola e parte a spalliera, la resa è di 50 q.li/ha.
La vinificazione avviene previo appassimento delle uve, il vino s’affina per sei anni in botti di rovere e per sei mesi in bottiglia.

Ambrato.
Naso complesso e di buona intensità, fresco, elegante, sentori d’uvetta passa, datteri, miele d’acacia, cera d’api, leggeri accenni laccati.
Fresco, con spiccata vena acida, complesso, armonico, canditi, caramella all’orzo, lunga la sua persistenza.

Due vini complessi, di notevole qualità ma piuttosto diversi tra loro, più strutturato corposo, intenso, tendente al dolce/non dolce il primo, più fresco e con buona vena acida il secondo.
Se li avessimo assaggiati alla cieca avremmo pensato al primo come ad un vino mediterraneo, probabilmente prodotto al sud, mentre al secondo come ad un vino più nordico.

Nota: la cartina e le foto del vitigno e dei vigneti sono tratte da https://www.piemonteland.it/vini/erbaluce-di-caluso-o-caluso-docg/
Lorenzo Colombo