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Grignolino Monferrato Casalese Doc “Bricco del Bosco” 2017 – Accornero

Ogni volta che apriamo una bottiglia di Grignolino –e confessiamo che non lo facciamo spesso- ci tornano alla mente gli anni della gioventù.

A fine anni ’60 e durante i ’70 imbottigliavamo, come molti in quegli anni il vino che si ordinava sfuso in damigiana, proveniente dal Piemonte e dall’Oltrepò Pavese.
Il vino per tutti i giorni era la Barbera, in genere meno cara, mentre alla domenica si apriva solitamente una bottiglia di Nebbiolo, di Freisa o, per l’appunto di Grignolino, vini che costavano qualcosa in più al litro.

Ci ricordiamo il Grignolino per il suo colore rubino piuttosto scarico, che col passare del tempo tendeva all’arancione e per la sua grinta tannica, che ne faceva un vino particolare.
Un vino ed un vitigno “anarchico”, come l’aveva definito Veronelli.

Diffuso unicamente in Piemonte, tra le province di Asti e di Alessandria, se ne contavano 752 ettari, secondo i dati della Vignaioli Piemontesi relativi all’anno 2018, con una perdita di 166 ettari rispetto all’ultimo censimento agricolo del 2010.

Vigneti di Accornero

Il suo nome parrebbe derivare da “grignòle“, termine con cui vengono indicati in piemontese i vinaccioli, di cui abbondano gli acini.
Le prime notizie certe sul vitigno risalgono alla fine del ‘700, ma sembra che fosse da tempo conosciuto e venisse utilizzato per produrre i vini “chiaretti” già nel Cinquecento.
Un tempo la sua coltivazione era molto più estesa, ma il diffondersi delle malattie della vite portò come conseguenza la riduzione della coltivazione di molti vitigni e tra questi anche del Grignolino; tra le cause la sua elevata sensibilità alle malattie, la resa in mosto non molto elevata e le problematiche enologiche per la produzione dei vini.

Nel passato era conosciuto con vari nomi: barbesino, arlandino, nebiolo rosato, e pare ne esistesse anche una versione a bacca bianca.
Il vitigno è molto esigente in fatto di clima e suoli, è difficile da coltivare e vinificare, le uve tendono a maturare in modo non uniforme, tanto che nello stesso grappolo si possono trovare acini perfettamente maturi e altri ancora verdi.

Ancora a fine anni ’60 veniva comunque ritenuto un vitigno in grado di dare ottimi vini, ecco cosa si poteva leggere nel “Dictionnaire des vins” del 1969 alla voce Grignolino: Uno dei migliori vini rossi italiani, purtroppo difficile da trovare “originale” in quanto la sua produzione è molto inferiore al vino commercializzato effettivamente.
E pensare che lo scrivevano i Francesi, in genere non molto propensi ad elogiare i nostri vini.

Il nome “Grignolino” è presente in tre vini a Dop: Grignolino d’Asti, Grignolino del Monferrato Casalese e Piemonte (Grignolino), anche se il vitigno può essere utilizzato parzialmente anche in altre denominazioni piemontesi.

La superficie rivendicata per il Grignolino d’Asti e per il Grignolino del Monferrato Casalese è più o meno simile, 280 ettari per il primo e circa 300 per il secondo, non cambia di molto neppure il quantitativo di vino prodotto: circa 12.000 ettolitri per quello di Asti e circa 10.000 per quello del Monferrato.

La differenza tra i due vini è principalmente data dai rispettivi suoli, in genere sabbiosi quelli del Grignolino d’Asti, mentre quelli del Grignolino del Monferrato Casalese sono a prevalenza calcareo-marnosa, condizione per cui solitamente questi ultimi sono in genere vini più strutturati e tannici che resistono meglio al tempo.

Accornero

L’azienda degli Accornero di trova a Vignale Monferrato e dispone di venti ettari a vigneto, vi si coltivano, oltre al Grignolino, soprattutto Barbera, ma anche Freisa e Malvasia di Casorzo, tra i vitigni internazionali troviamo invece Cabernet sauvignon, Chardonnay e Sauvignon blanc.

Bricco del Bosco

Esistono due versioni di questo vino prodotto con uve grignolino in purezza: il “Bricco del Bosco”, frutto della nostra degustazione ed il “Bricco del Bosco Vigne Vecchie”.
Quest’ultimo, prodotto per la prima volta nel 2006, s’affina per 30 mesi in tonneaux e per ulteriori 24 mesi in bottiglia, mentre il Bricco del Bosco, prodotto sin dal 1980, viene vinificato ed affinato in acciaio.

La degustazione

Si presenta con un colore tra il rubino ed il granato, di discreta intensità.
Al naso lo troviamo intenso, con sentori di ciliegia selvatica e con leggeri accenni di spezie che rimandano al pepe.
Fresco e asciutto al palato, con bella e delicata trama tannica, sentori di ciliegia e leggera nota piccante che rimanda nuovamente al pepe ed al peperone, lunga la sua persistenza.
Lorenzo Colombo