IGP: Rock and the Wine in Clavesana

Due giorni in Alta Langa, gentilmente invitati dalla CANTINA CLAVESANA, ci hanno fatto scoprire una Langa poco conosciuta, a noi, abituati a fermarci solitamente un poco più a nord, nelle terre del Barolo e del Barbaresco, una Langa più selvaggia, ma non certo meno affascinante, ricca di tradizioni che ancor’oggi si ripetono e che, seppur in tempo assai breve, abbiamo avuto l’opportunità di vivere.
Ecco in sintesi il nostro racconto di queste due bellissime (anche dal punto di vista climatico) giornate.

L’arrivo
Posati i bagagli presso l’agriturismo Cascina Fejot , a Bastia Mondovì, dove alloggiavamo, ci rechiamo immediatamente presso la sede del primo appuntamento, l’agriturismo Il Palazzetto, situato a Clavesana. Qui, oltre a conoscere i nostri ospiti, tra i quali Anna Bracco, direttore della Cantina Clavesana, Giovanni Bracco, presidente della cantina da oltre venticinque anni, e gli altri giornalisti invitati, ci attende il pranzo di benvenuto. Il posto è bellissimo (guardate il sito per farvene un’idea) ed il cibo assai invitate, citiamo solamente a tal proposito i “Tajarin con tartufo bianco” (venti rossi d’uova per un chilo di farina).

La cantina
Subito dopo pranzo ci rechiamo presso la cantina: 350 soci che coltivano 520 ettari di vigneto, 440 dei quali di Dolcetto, di cui 400 ettari destinati al Dogliani Docg, oltre mezzo secolo di vita, oltre 3 milioni di bottiglie prodotte annualmente nella stragrande maggioranza (2.900.000) di Dolcetto, cosi si presenta la Cantina Clavesana, il più grande produttore piemontese di Dolcetto, e quindi del mondo.
La struttura della cantina è assai particolare, parliamo ovviamente dell’edificio storico, quello costruito nel 1959, pare di trovarsi nel cortile di una casa di ringhiera, dove, anziché le varie abitazioni, troviamo tre piani di vasche di cemento (vedi foto). All’esterno si trovano le enormi vasche d’acciaio (alcune contengono oltre milleduecento ettolitri) che consentono alla cantina di produrre oltre 25 mila ettolitri di vino all’anno.
Durante la visita abbiamo avuto l’opportunità di degustare, in compagnia dell’enologo Gianfranco Cordero, diversi vini prelevati dalle vasche, alcuni ancora in fase embrionale o d’affinamento, mentre altri già pronti per l’imbottigliamento. Paragonando quest’ultimi, con quelli degustati (bevuti in realtà) poche ore prima, durante il pranzo, abbiamo colto diverse sfumature organolettiche, con, i vini prelevati dalle vasche, che presentavano una più spiccata nota balsamica, rispetto a quelli in bottiglia. Si tratta di impressioni influenzate anche dalla diversa temperatura dei vini, ma la cosa ci è parsa assai curiosa.

L’aperitivo
Prima del concerto ci aspettano per un aperitivo all’Agriturismo San Martino, a Clavesana. Più che un aperitivo pare trattarsi di una cena, i nostri ospiti hanno preparato ogni sorta di leccornia e buona parte delle materie prime sono di produzione aziendale.
Il posto è molto suggestivo, si tratta di un antico convento, ristrutturato senza alterarne minimamente la struttura, all’interno del cortile si trova anche una piccolissima e graziosa chiesetta.

Il
concerto
Il tempo di una veloce rinfrescata e già siamo a Surie di Clavesana, dove, nella chiesa dedicata a Sant’Anna, si tiene il concerto di Willie Nile, organizzato dalla Cantina di Clavesana in collaborazione con Crete Senesi Random Rock Festival. Non conoscevamo questo rocker di Buffalo, ma abbiamo trovato la sua musica assai coinvolgente, lo stile fresco e coinvolgente è ascrivibile (per semplificare) a quello di Bruce Springsteen, col quale, tra l’altro, Nile ha più volte collaborato. Bravissimo il chitarrista solista che l’accompagnava per quest’occasione e per tutto il tour italiano, si tratta di Marco Limido.
Dopo il concerto ci si reca, per la cena, presso le ex Scuole Elementari delle Surie di Clavesana, tutte le portate, preparate dai ragazzi dell’Istituto Alberghiero Giolitti, di Mondovì, prevedono naturalmente il Bue grasso, e sono accompagnate dai dolcetto della Cantina Clavesana.

Domenica mattina, dopo la colazione, abbiamo il tempo per visitare velocemente l’allevamento di razza piemontese del nostro ospite presso l’agriturismo Cascina Fejot, una settantina di capi da riproduzione, l’allevamento si occupa infatti di svezzare i vitelli nati, chiamati in principio “Puparin”, ed in seguito “Mangiarin”, sino a circa cinque mesi d’età.

La colazione
Alle 9,30 siamo attesi al Ristorante Vascello d’Oro, a Carrù, per la tradizionale colazione con brodo, raviole, dolcetto e “insalata degli antichi stallaggi”, un’insalata quest’ultima composta da diverse parti di bollito –di Bue grasso naturalmente- con verdure e funghi sott’olio.
Questa particolare colazione prende spunto dall’antica “culazion da servitù”, ovvero il pasto, a base di brodo caldo, che i conducenti dei buoi, per la Fiera del Bue Grasso, facevano, alle cinque del mattino, dopo aver viaggiato tutta notte per portare i buoi a Carrù in occasione della fiera.
Ancor oggi, durante la fiera, che si tiene due giovedì prima di Natale (quest’anno s’è tenuta il 12 dicembre), i ristoranti di Carrù aprono alle sei del mattino, quando già una folla d’appassionati attende da ore davanti alle saracinesche, per essere i primi ad entrare.

L’asta del Bue grasso
Ci trasferiamo quindi presso il Foro Boario di Carrù, dove si tiene l’asta, in collegamento via Internet anche con HonKong, sono sette i buoi in vendita, il prezzo maggiore lo spunta Mosè, 9.850 euro (terzo prezzo più alto in tutta la storia dell’asta), per un bue di 1.130 chili di peso; l’acquista la macelleria Borsani di Saronno, dopo una battaglia accesa a colpi di rialzi, da questa bestia si ricaveranno circa 600 chili di carne, ed il prezzo medio al chilo lo potrete ricavare da Voi.
Il “bue grasso” viene ritenuto tale quando raggiunge la “dentizione d’adulto”, in genere verso il quarto anno d’età.
L’asta si tiene da otto anni, la domenica prima della fiera, ed il record di prezzo rimane quello del bue Pippo, aggiudicato nel 2010 per 10.400 euro.

La razza piemontese: vitellone e bue grasso a confronto
L’ultimo appuntamento è di nuovo presso le ex Scuole Elementari delle Surie di Clavesana, qui ci attende un interessante confronto tra le carni di Vitellone piemontese, animali non castrati che vengono macellati tra i 14 ed i 18 mesi d’età, e quelle del bue grasso; la preparazione del menù è sempre affidata alle mani dei ragazzi dell’Istituto Alberghiero Giolitti, che, coadiuvati dai loro insegnanti ci forniscono anche le informazioni sulle diverse portate.
Partecipano al pranzo anche l’enologo Gianfranco Cordero, che illustra i vini in accompagnamento, il direttore di Anaborapi (Associazione degli Allevatori della Razza Bovina Piemontese) Andrea Quaglino, che ci fornisce prezione informazioni sulle differenze tra le carni del Bue e della razza bovina piemontese, e Silvio Matteo Borsarelli, docente di nutrizione umana presso l’Università di Torino, che ci parla dell’importanza della carne bovina nella nutrizione umana. Naturalmente sono presenti anche il direttore ed il presidente della Cantina Clavesana.
Si inizia con la Battuta al coltello, carne cruda condita unicamente con sale ed un filo d’olio, e già si colgono le prime differenze tra le due carni, servite contemporaneamente, quella del vitellone appare più rosata, mentre quella del bue è più scura, dolce, saporita e “carnea”.
Segue il Roast Beff, più roseo quello del vitellone, ma anche più asciutto, più intenso, saporito, morbido e succoso quello del bue.
Due tazze di brodo fanno d’intermezzo alle portate, qui la differenza è ancora più netta e decisa, già dal colore, paglierino quello del vitellone ed assai più scuro quello del bue, ma quello che ci colpisce maggiormente è il sapore, mentre in quello del vitellone si sentono chiaramente le verdure utilizzate (il sedano emerge prepotente), in quello del bue si percepisce chiaramente il forte gusto di carne.
Non abbiamo finito, arriva il pezzo forte, il bollito, e nuovamente troviamo la carne di bue assai più saporita (e scura) e la testina è assai più dolce e scioglievole in bocca.
Si chiude con la costata, tenerissima ma un poco asciutta quella del vitellone, succosa, persistente e saporita quella del bue.
Praticamente bue batte vitellone cinque a zero. 

Ecco infine alcune sintetiche annotazioni sui vini assaggiati in queste due giornate, e che naturalmente accompagnavano anche quest’ultima “fatica” culinaria; si tratta ovviamente dei Dogliani Docg della Cantina Clavesana, non assaggiati in un contesto di pura degustazione tecnica, ma sempre utilizzati come degno accompagnamento al cibo.
Ci è parso di cogliere due anime nei quattro vini posti in abbinamento alle carni, i lprimo ed il quarto, seppur assai diversi tra loro in quanto a struttura e complessità, ci pare abbiano più l’anima piemontese, con le caratteristiche organolettiche che ci si aspetta da un Dolcetto, mentre il secondo ed il terzo ci sono parsi più adatti (studiati?) per un pubblico più internazionale, con i loro frutti polputi e quelle note, sempre pulite, ma più surmature.
Anche per quanto riguarda l’abbinamento col cibo ci sono parsi più versatili i campioni 3 e 4, che mai sovrastavano le portate, ma ne esaltavano i sapori in un perfetto “matrimonio d’amore” (frase quest’ultima rubata a Veronelli).

Vediamoli:
I primi due vini appartengono alla linea “Il Quattrino”, quella che rappresenta il core business aziendale, ovvero il 90% della produzione.
1) Dogliani Docg “Clavesana” 2012: con 1.800.000 bottiglie prodotte annualmente è il prodotto numericamente più importante dell’azienda
Il colore è rubino-violaceo, di discreta intensità. Pulito la naso, intenso e con un bel frutto rosso. Fresco alla bocca, intenso, con tannini ben amalgamati, tipico, con quelle sue note leggermente ruspanti ed un poco selvatiche.
2) Dogliani Superiore Docg “Il Clou” 2011: ricavato dalle vigne più vecchie, se ne producono da 150 a 200 mila bottiglie per anno.
Rubino profondo, molto più intenso e compatto rispetto al precedente. Buona l’intensità olfattiva, dove si coglie un bel frutto rosso maturo (ciliegia e prugna). Morbido, dotato di buona struttura, con bella trama tannica, succoso, note surmature, lunga la persistenza.
I due vini successivi fanno parte della linea “Alla giornata”, si tratta in pratica di “Cru”, ovvero provengono dai vigneti di un singolo viticoltore.
3) Dogliani Superiore Docg “Il 474” 2011: le uve provengono da un vigneto di circa due ettari, collocato ad un’altitudine di oltre 470 metri, e situato nel comune di Bastia Mondovì; la produzione annuale è di 13–15mila bottiglie.
Color rubino-violaceo, profondo e compatto; il naso, seppur all’inizio leggermente chiuso, appare più complesso, oltre al frutto maturo si colgono i primi leggeri accenni terziari. Strutturato, alcolico, con tannini dolci, mostra un frutto rosso maturo venato da note speziate, lunga la persistenza.
4) Dogliani Superiore Docg “ Il 587” 2010: la vigna dalla quale provengono le uve per la produzione di questo vino ha oltre quarant’anni d’età, e si trova nel comune di Bastia Mondovì; da 14 a 16mila le bottiglie prodotte annualmente.
Il colore è rubino di buona intensità, con leggeri accenni granato. Al naso è elegante, il frutto pare meno surmaturo del precedente e note balsamiche lo rinfrescano. Fresco alla bocca, con bella vena acida e lunghissima persistenza. Elegante! E’ il vino che in assoluto abbiamo preferito.
L’ultimo vino, in accompagnamento al dessert è il Dolcetto Chinato Sansossì”, dal color granato-rubino, che esprime, sia al naso che alla bocca eleganti sentori chinati e di caramella al rabarbaro, lunga infine la sua persistenza.
Lorenzo Colombo

Pubblicato in contemporanea su:

Alta Fedeltà
Lavinium
Luciano Pignataro Wine Blog
Vinealia
WineSurf

pubblicato in origine su www.vinealia.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.