Nebbiolo Grapes 2006

Il nostro resoconto relativo alla seconda edizione di NEBBIOLO GRAPES, la convention internazionale dedicata al vitigno Nebbiolo, inizia dal tardo pomeriggio di giovedì 9 marzo, quando ci ritroviamo a Pollenzo, dove più tardi parteciperemo alla cena di benvenuto nel ristorante dell’Albergo dell’Agenzia, per una visita alla Banca del Vino.
L’attuale struttura dei fabbricati nasce da un’idea di Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, il quale a metà degli ‘90 pensa di creare un polo di grande richiamo nel campo della cultura enogastronomia; viene quindi ricreata l’Agenzia di Pollenzo sulla vecchia azienda agricola modello voluta da Carlo Alberto nel 1836.
L’attuale Agenzia di Pollenzo è una spa i cui azionisti sono Slow Food, la Regione Piemonte e un gruppo di circa 300 investitori privati (produttori di vino, industriali eccetera) che – dopo aver ristrutturato e ricostruito i locali, caduti in uno stato di abbandono per decenni – li affitta a quattro distinte entità, accomunate dalla filosofia Slow Food.
Innanzitutto l’Albergo dell’Agenzia, con annesso ristorante. Si tratta di una struttura alberghiera a 4 stelle, dove le camere prendono il nome dai vigneti più famosi del Barolo e del Barbaresco; al ristorante vengono tra l’altro serviti i prodotti dei Presidi Slow Food. C’è poi il Ristorante Da Guido: stellato Michelin e formato dall’unione di due ristoranti preesistenti seppur in luoghi diversi: Da Guido di Costigliole, della famiglia Alciati, e La Noce di Volpiano, specializzato in piatti di pesce.
Terza realtà è l’Università delle scienze gastronomiche, nuova facoltà concepita per la formazione di figure che pensino alla gastronomia con un approccio umanistico. Il corso triennale impegna circa 120 studenti, di cui la metà italiani, mentre il resto proveniente da tutto il mondo. Di questa università esiste una sede a Colorno (Parma), dove attualmente si tengono Master post laurea.
L’ultima entità è appunto la Banca del Vino, una struttura unica al mondo, dove sono depositati in affinamento vini selezionati, per poter creare una memoria storica del vino italiano di qualità e per poterne quindi valutare l’evoluzione col passare degli anni.
L’enorme ambiente, con temperature pressoché costanti nelle varie stagioni, è suddiviso in stanze in ciascuna delle quali riposano i vini di determinate zone o regioni, attualmente vi si trovano i vini di 262 produttori (lo scopo è quello di arrivare a 300), i quali si impegnano a fornire in deposito i vini per tre anni. Circa la metà dei prodotti sono piemontesi, vuoi per la localizzazione del sito, vuoi perché in questa regione si trovano parecchi vini adatti al lungo invecchiamento.
Attualmente la banca conta 750 soci, che a fronte del pagamento di una cedola di 250 euro, godono della possibilità di acquistare i vini a prezzi favorevoli oltre ad altre iniziative appostimene organizzate (degustazioni guidate, corsi di approfondimento sul vino, viaggi etc.).

Venerdì 10 marzo alle ore 9,30 inizia, nel gremito Teatro sociale di Alba, la II Convention Internazionale dedicata al vitigno Nebbiolo; dopo i saluti di rito delle varie autorità, i presidenti del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero, Minetti, e del Consorzio di tutela vini di Valtellina, Casimiro Maule, introducono i lavori; toccante il ricordo di Bartolo Mascarello, nel primo anniversario della morte, nel discorso introduttivo di Minetti.
La sessione mattutina è dedicata alla viticoltura e il primo relatore, il direttore del Consorzio Barolo, Salaris, illustra la diffusione del vitigno Nebbiolo nel mondo.
Ecco alcuni dati: su una superficie mondiale di circa 5.000 ha, il 75% si trova in Piemonte; circa 3.400 ettari sono allocati tra Langhe e Roero, e di questi la metà appartengono alla denominazione Barolo, al Barbaresco sono riservati poco meno di 700 ha.
Nel resto del Piemonte si trovano altri 340 ha, di cui poco più di 100 spettano alla Docg Gattinara e 65 a quella Gemme.
Notevole la superficie vitata a Nebbiolo della Valtellina, quasi 800 ha, divise tra le varie sottodenominazioni; rimanendo in Italia, troviamo circa 25 ha in Valle d’Aosta e poco più di 50 ha in Sardegna, nella Igt Colli del Limbara.
Spostandoci all’estero notiamo che l’uva Nebbiolo ha una discreta presenza negli Stati Uniti, 160 ha divisi tra gli stati di California, Idhao, New Mexico, Oregon, Virginia etc.; buona presenza pure in Australia, 120 ha, e Messico, 100 ha.
Nel resto dell’Europa non troviamo traccia di Nebbiolo se non nei 7 miseri ettari suddivisi tra Austria, Germania e Svizzera.
La relazione seguente – “Storia Piemontese del Nebbiolo” è opera della dottoressa Mainardi, che esplora le principali tappe del vitigno Nebbiolo in Piemonte, con le prime citazioni del nome Nebbiolo che risalgono ad 8 secoli fa; nel 1268 ci sono attestazioni della presenza di viti Nebbiolo a Rivoli; nel 1287, in un contratto di affitto, si parla di Nebbiolo ad Alba; in un documento del 1295 relativo ad un’eredità si parla di botti di Nebbiolo a Camerano.
Nei primi anni del ‘300 le citazioni sono numerose, a Canale, Moncalieri, Chieri, Bricherasco; il che fa supporre che il vitigno avesse un areale di diffusione ben più ampio che quello attuale.
Riferimenti più antichi relativi al nome Nebbiolo non se ne sono trovati, mentre ci potrebbe essere un collegamento con l’uva Spanna (sinonimo di Nebbiolo nell’alto Piemonte), con la Spiania o Spinia citata da Plinio, il quale parlava di “uva che matura alle pioggie d’autunno e trae beneficio dalle nebbie”, quest’uva viene citata anche da Columella.
Ovviamente, per motivi di spazio non possiamo citare tutti i passaggi storici sino ai nostri giorni, menzioniamo solamente la nascita del Barolo ad opera di grandi famiglie nobiliari: Cavour, i Marchesi Falletti, lo stesso Carlo Alberto, nei primi decenni dell’ ‘800; e quella del Barbaresco, ad opera di Domizio Cavazza, alla fine dello stesso secolo.
Nel 1908 venivano citati come vini di grande qualità, oltre al Barolo ed al Barbaresco, i vari Gattinara, Gemme, Lessona, Carema etc., dove i suoli permettevano di ottenere una siffatta qualità.
Le relazioni proseguono toccando tutti gli argomenti relativi alla viticoltura; il dottor. Mannini illustra il “Patrimonio clonale del vitigno Nebbiolo”; vitigno dotato di estrema variabilità e che assume sinonimi diversi dipendentemente dai luoghi di coltivazione, Picutener in Valle d’Aosta, Prunet nell’Ossola, Chiavennasca in Valtellina. Attualmente sono iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà della Vite ben 19 cloni, i più recenti dei quali sono caratterizzati dalle contenute dimensioni del grappolo e sono in grado di fornire maggiore struttura ed un’intensità colorante superiore alla media ai vini che da essi si ricavano. Altra caratteristica importante di queste selezioni è l’ottimizzazione dal punto di vista sanitario, soprattutto in varietà originariamente infette come ad esempio il Michet.
La dottoressa Schneider, dell’Istituto di virologia vegetale del Cnr, parla degli “Aspetti genetici del vitigno”; un lungo excursus sui vitigni parenti stretti del Nebbiolo, ovvero quali sono i vitigni genitori e quali i figli del Nebbiolo.
Il dottor Morando, dello stesso istituto, analizza il “Ruolo del portainnesto nella coltivazione del Nebbiolo da Barolo”; tramite sperimentazioni effettuate a La Morra negli anni dall’ ’85 al ’90, e successivamente a Barolo dal ’98 al 2003, incrociando diversi portainnesti a diversi cloni si verificano i livelli di produttività e di qualità delle uve ottenute. Importante è la constatazione che il vitigno franco di piede, ovvero non innestato, produce risultati inaccettabili, mentre il portainnesto Rupestris du Lot fornisce uve di ottima qualità e andrebbe quindi rivalutato. Curioso anche il fatto che portainnesti poco vigorosi, a volte ricercati per la loro scarsa produttività, non sempre sono in grado di fornire uve di grande qualità.
L’intervento della dottoressa Guidoni, del Dipartimento colture arboree dell’Università di Torino, è imperniato sul “Confronto tra i vari interventi da effettuarsi nel vigneto onde ottenere uve mature e di alta qualità”. Il primo confronto è tra la cimatura, ovvero il taglio delle parti vegetative in eccedenza, e la cordonatura, ovvero la legatura di queste chiome ai fili; il risultato è che non si notano differenze significative sulla maturazione dell’uva.
Viene quindi analizzata la sfogliatura, pratica che serve per migliorare l’arieggiamento e l’illuminazione dei grappoli, oltre che favorire la penetrazione dei trattamenti anticrittogamici; viene fatto notare che spesso i grappoli troppo esposti alle radiazioni solari accumulano meno antociani rispetto a quelli parzialmente coperti.
L’ultimo confronto è tra i vari sistemi atti a contenere la produzione di uve, ovvero la potatura invernale, che riduce la carica di gemme, ed il diradamento estivo dei grappoli; appare evidente che mentre con il diradamento il contenimento della produzione è garantito, utilizzando il sistema di controllo delle gemme si ottiene sempre un incremento degli zuccheri.
Il dottor Failla, dell’Università degli Studi di Milano, affronta il problemi dell’“Accumulo di antociani nel vitigno Nebbiolo”, partendo dal microclima termico e luminoso che si verifica dipendentemente dalla posizione del grappolo nella vegetazione; come nell’intervento precedente viene ribadita la diversa concentrazione tra grappoli esposti alla luce e quelli parzialmente coperti, con evidenti problemi di accumulo per quelli più esposti in giornate ed orari molto caldi.
L’ultimo intervento della sessione dedicata alla viticoltura è del dottor Murada, della Fondazione Fojanini di Sondrio, il quale relaziona sulla “Diversa maturità fenolica e tecnologica delle uve in Valtellina”, confrontando tre annate molto diverse tra loro dal punto di vista climatico (2001-2002 e 2003) ed analizzando vigneti con pendenze, altitudine ed orientamenti diversi. Anche in questo caso si evidenzia che in un’ estate molto calda, come è stata quella del 2003, ci sono stati problemi notevoli sull’accumulo degli antociani.
Dopo una breve sosta i lavori riprendono nel primo pomeriggio con la Sessione enologica. Non abbiamo purtroppo partecipato a questa parte del convegno poiché eravamo impegnati nelle degustazioni riservate alla stampa, delle quali relazioneremo in seguito, comunque descriviamo brevemente gli interventi avvalendoci degli atti del convegno.
“Vinificazione del Nebbiolo”, a cura dei professori Gerbi, Caudana e Rolle dell’Università di Torino: vengono qui illustrati i progressi ottenuti negli ultimi anni sui metodi di vinificazione e di affinamento dei vini ottenuti da uve Nebbiolo; si evidenzia che trovandosi tutte le sostanze coloranti, e la maggior parte dei tannini buoni nella buccia, occorra operare sui tempi di macerazione, basandosi sul grado di maturazione fenolico, che tiene conto dei diversi tempi di maturazione tra buccia, polpa e vinaccioli. Viene quindi evidenziata la maggior difficoltà di vinificazione di uve Nebbiolo, rispetto ad altre caratterizzate da un patrimonio antocianico più stabile, quali la Barbera ed il Cabernet Sauvignon; ed infine si analizza il metodo di affinamento che prevede, sempre più frequentemente, l’uso delle barriques, con differenziazioni sia sul colore che sull’astringenza dei vini.
“Il colore dei vini derivati da Nebbiolo”, relazione di E. Cagnasso e G. Zeppa: dopo aver fatto rilevare che spesso il giudizio del consumatore finale è fortemente influenzato dal colore del vino, e che le caratteristiche cromatiche indicano ai tecnici lo stato di evoluzione del vino stesso; si confrontano nuovamente le cariche antocianiche dei vini a base Nebbiolo rispetto a quelle di altri vini normalmente più colorati, facendo presente che i riflessi precocemente aranciati dei Nebbioli sono dovuti in parte anche al fatto che questi vini necessitano di un più lungo affinamento prima di essere commercializzati. Viene inoltre analizzata l’estrema variabilità nel colore di questi vini negli anni, fortemente influenzata dall’andamento climatico e dai diversi metodi di vinificazione.
A cura dell’Istituto sperimentale per l’enologia di Asti viene presentato il lavoro “Gli aromi del Nebbiolo”. Lo studio, estremamente tecnico, analizza i vari componenti chimici che vanno a costituire l’aroma di questi vini; viene studiata l’evoluzione di questi componenti, dai nomi impronunciabili, sia durante la fase di maturazione delle uve che durante la vinificazione delle stesse: fermentazione alcolica, fermentazione malolattica, affinamento ed invecchiamento del vino.
La sessione di sabato mattina è dedicata invece aMarketing e comunicazione. Simonetta Mazzarino, dell’Università degli studi di Torino, analizza il “Mercato del vino” con particolare riferimento alle produzioni da uve Nebbiolo; evidente la diversità di caratteristiche e di consumo dei vini provenienti da zone geografiche differenti, con alcuni prodotti che si collocano nella fascia dei cosiddetti Premium Wines; viene quindi fatto notare il successo internazionale dei vini Barolo e Barbaresco negli anni ’90 del secolo scorso, con conseguente ascesa dei prezzi, mentre ora anche questi prodotti soffrono a causa di una maggiore competitività, che arriva soprattutto da vini esteri, i quali hanno meno problemi di parcellizzazione aziendali e di costi del lavoro; occorrono quindi azioni di marketing comuni e non individualistiche, in modo da poter raggiungere con più efficacia i mercati strategici.
“Comunicare il Nebbiolo” è invece l’argomento della relazione della dottoressa Gina Poncini dell’Università degli Studi di Milano; si teorizza su come impostare una comunicazione proficua di un prodotto a consumatori di paesi diversi e con diversi livelli di conoscenza del vino. L’analisi ha preso in considerazione sia depliant che siti web di case vinicole di paesi sia con tradizione vinicola che del cosiddetto Nuovo Mondo; facendo collegamenti incrociati con alcuni studi di Wine Marketing già pubblicati, appare evidente come sia i produttori che gli altri operatori delle filiera contribuiscono a presentare il Nebbiolo come unico e tendano a creare una Comunità del Nebbiolo.

LA DEGUSTAZIONE
Ma veniamo ora alle degustazioni: oltre 400 vini di 112 produttori provenienti da tre continenti ci aspettano nelle bellissime sale dell’Ampelion, la nuova struttura immersa nei vigneti e situata nella prima periferia di Alba, nei pressi della famosa Scuola enologica, che è stata ufficialmente inaugurata sabato 11 marzo.
Stupenda, dal punto di vista funzionale, la prima sala, illuminata da luce naturale proveniente dall’ampia vetrata di copertura, che permette di valutare perfettamente la tonalità dei vini nel bicchiere.
La degustazione di venerdì pomeriggio, riservata alla stampa, vedeva uno sparuto gruppo di presenti (ricordo che in contemporanea era in corso di svolgimento, al teatro sociale, la sessione enologica del convegno), il che ci forniva la possibilità di degustare con tutta calma i vini, anche se il tempo a disposizione ci imponeva purtroppo una non facile selezione dei prodotti.
La maggior parte dei vini era ovviamente di provenienza italiana, piemontese soprattutto, anche se quasi tutti i produttori Valtellinesi erano presenti; abbiamo degustato poco meno di 50 campioni, poi, vuoi la stanchezza, vuoi il tannino presente in modo massiccio in questi vini, abbiamo deciso con rammarico di interrompere gli assaggi onde evitare di perdere in obbiettività di giudizio.
La prima parte degli assaggi è stata riservata ai Barolo, dove abbiamo riscontrato un’ottima qualità in tutti i campioni degustati, con punteggi omogenei, oscillanti tra gli 85/86 punti nelle valutazioni più basse sino a giungere ai 90 nel caso del Marcenasco ’01 di Renato Ratti, di questo vino non diciamo null’altro, pensiamo che il punteggio da solo basti.
Veniamo dunque agli altri, presentati in ordine alfabetico :
Ascheri Giacomo: di questo produttore abbiamo assaggiato tre prodotti dell’annata ’01, vini con caratteristiche dissimili tra loro; il migliore, per un soffio sugli altri due ci è parso il “Sorano”, intenso al naso, con legno percepibile, corposo, pieno e persistente alla bocca; seguono quindi il “Vigna dei Pola”, intenso e fruttato al naso, un poco aggressivo in bocca, con note conferitegli dal legno, e, a pari punteggio, il “Sorano Coste e Bricco”, di buona intensità e con note speziate al naso, morbido e caldo in bocca. Punteggi : 87/88 il primo, 87 i secondi.
Borgogno F.lli: altri tre vini, in questo caso di tre diverse annate, abbiamo preferito il “Cannubi Riserva” ’99, elegante al naso e di ottima struttura alla bocca, i tannini sono un poco verdi, 87/88 il punteggio; “Cannubi Riserv”a ’00, complesso al naso, dove si percepisce un leggero sentore che ricorda le acciughe, vino un poco aggressivo e dal tannino potente, 86 punti; “Cannubi” ’01, naso delicato, buona la morbidezza con tannini non prepotenti, ottima la nota alcolica e lunga la persistenza, voto 85/86.
Burlotto Comm.G.B.: “Vigneto Cannubi” ’01, sentori di fiori appassiti e frutta matura al naso, morbido ed elegante in bocca, buona la Pai (persistenza aromatica intensa”, 88 punti; “Acclivi” ’01, elegante il naso, con sentori di frutta matura, buona la morbidezza, anche se il tannino è ancora un poco verde, 87/88.
Marchesi di Barolo: altri tre vini dell’annata ’01, il migliore è il “Cannubi”, 88 punti, dal bel naso, fruttato e speziato, alcolico, morbido, rotondo e speziato in bocca; “Sarmassa”, il naso è molto simile al precedente, in bocca è più morbido, più facile diremmo, l’alcol si sente meno, 87/88 il punteggio; “Barolo di Barolo”, spezie calde al naso, cannella, un poco più vuoto e tannico dei predenti, 85/86 punti.
Elvio Cogno: “Ravera” ’01, molto pulito al naso, grande in bocca, con tannino ben presente, 89/90 punti; “Vigna Elena” ’00, sentori di frutta matura la naso, intenso, alcolico ed un poco aggressivo in bocca, 87/88 punti.
Germano Ettore: anche in caso caso due i vini assaggiati, “Cerretta” ’01, parecchio aggressivo, un poco duro, ancora molto giovane, si sentono i suoli di Serralunga, 87/88 il punteggio; “Prapò” ’01, sentori tostati sia al naso che alla bocca, si percepisce la presenza del piccolo legno, 86/87 punti.
Sandrone Luciano: in questo caso assaggiamo lo stesso vino di due annate differenti, “Le Vigne” ’02, frutta matura al naso, intenso ed alcolico, in bocca mostra un corpo notevole, vino giovane, 86 punti; “Le Vigne” ’00, in bocca sentori animali, buono il frutto, vino alcolico e con grande corpo, 87 punti.

Decidiamo a questo punto di interrompere la degustazione dei Barolo per dedicarci ai vini provenienti dall’estero; l’impressione generale, anche se troviamo alcuni vini molto buoni, è che il richiamo al vitigno Nebbiolo è molto lontano, se non in pochi casi, dalle nostre aspettative; con alcuni vini estremamente marcati dal legno e con note speziate esagerate; ma veniamo al dettaglio. Cominciando dai prodotti Statunitensi.
Barboursville Wineyards, Virginia “Nebbiolo Riserve Virginia” ’02, naso non estremamente pulito, sentori di stallatico, un poco vuoto in bocca, in questo caso i ricordi del vitigno ci sono, 84/85 p.
Benjamin Silver Wines, California; viene presentato lo stesso vino di tre differenti annate, ovvero il “Silver Nebbiolo Santa Barbara Country” ’01, naso atipico, dove si percepisce la prugna secca, in bocca si hanno le stesse impressioni, la speziatura è notevole, si tratta di un buon vino, anche se poco Nebbiolo, 85/86 il punteggio; “Silver” ’00, molto intenso e con speziatura evidente al naso, aggressivo, tannico e non pulitissimo in bocca, 84 punti; “Silver” ’98, naso estremo, quasi ossidato, in bocca si presenta ormai spento, 78 punti.
Martin & Weyrich Winery, California; anche in questo caso assaggiamo lo stesso vino di due differenti annate: Nebbiolo ’02 “Il Vecchio”, l’unica riconoscibilità del vitigno Nebbiolo è fornito dalla nota tannica, 84 punti;” Il Vecchio” ’01, vale quanto detto prima 84/85 punti; il punteggio a questi due vini è stato assegnato valutando il prodotto completamente sganciato da quelli che sono i parametri tipici del Nebbiolo.
Palmina Wines, California; “Palmina ’03 Savoi”a, un curioso blend di 50% Nebbiolo, 25% Barbera e 25% Shiraz, molto intenso e con sentori di prugne speziate al naso, aggressivo in bocca, 80 punti; “Palmina ’02 Nebbiolo Sisquoc”, ma il Nebbiolo dov’è? 78 punti.

Qualche assaggio di vini targati Australia.
Longview Vineyard; “Longview Black Crow” Nebbiolo ’04, speziato al naso, con sentori di china, ci ricorda da lontano il Barolo Chinato, alcolico e poco equilibrato in bocca, 77 punti.
Primo Estate; “Joseph” ’02 Nebbiolo, sentori di olive in salamoia e pesce, 77 punti.
Surmon Vineyard; due i vini, “Mt Surmon Wines” ‘03 Nebbiolo, sentori di olive, 75 punti; “Mt Surmon Wines” ’03 Reserve Nebbiolo, ???, non aggiungiamo null’altro, 76 punti.
Trentham Estate Winery; “La Famiglia Nebbiolo” ’03, pulito, evidente la nota tostata, un poco corto, 80 punti.

Gli ultimi campioni esteri assaggiati sono: Steenberg Vineyards, Sud Africa: “Steenberg Nebbiolo” ’04, sentori di nocciole tostate e cetrioli in salamoia, 75 punti; Vinicola L.A.Cetto, Messico: Nebbiolo ’03, sentori di frutta fresca e prugne sciroppate, vino discreto, anche se non ci sembra centri molto col vitigno, 80 punti.

Siamo poi tornati ai vini italiani degustando alcuni Barbaresco; diciamo subito che, a parte qualche campione, ci aspettavamo qualcosa di più da questi vini; i prodotti che più ci hanno colpito sono quelli di Sottimano, del quale abbiamo assaggiato tre diverse annate del “Cottà”: ‘03, fine ed elegante il naso, ancora un poco rude in bocca a causa dei tannini, 87 il punteggio; ’02, buon frutto al naso, meno elegante del precedente, con tannini un poco verdi in bocca, 84/85 punti, ’01, naso maturo ed interessante, tannini ancora aggressivi 86/87 punti.
Produttori del Barbaresco: “Riserva Pora” ’00, 84/85 punti; Michele Chiarlo: “Asili “’01, non pulitissimo il naso, 84 punti; Cantina Gigi Rosso: ’01, non molto pulito al naso, aggressivo in bocca, 83 punti.
Prima di chiudere decidiamo di assaggiare qualche altro campione pescando in maniera più o meno casuale nella vasta offerta dei vini presentati: buonissimo lo Sfursat ’02 di Marsetti Alberto, pulitissimo al naso, morbido in bocca, abbastanza semplice ma di estrema piacevolezza, 90 punti; dello stesso produttore non ci ha molto convinti invece il Valtellina Superiore Grumello ’01, 78 punti.
Molto buono pure lo Sfursat ’01 Fruttaio Cà Rizzieri di Aldo Rainoldi, 87 punti.
Interessanti i Lessona di Sella: 85 punti al Lessona ’01, interessante la naso, con ottimo frutto, sentori di prugna secca in bocca, con tannino ben presente; 84/85 punti invece al Lessona Sella ’00, speziato al naso e con buon tannino, manca un poco in acidità.
Puntiamo ora alla Sardegna, per assaggiare l’Igt Colli del Limbara della Cantina di Gallura: “Karan”à ’04, vino molto fruttato, semplice 79 punti; “Dolmen” ’03, anche in questo caso molto frutto e poca corrispondenza con l’idea che noi abbiamo del Nebbiolo, 79/80 il punteggio.
Concludiamo con una curiosità, ovvero lo Spumante Metodo Classico da uve Nebbiolo, “Erpacrife” ’02 di Scarzello Giorgio e Figli: appunto, una curiosità! 77/78 i punti.
a cura di Lorenzo Colombo

pubblicato in origine su www.vinealia.org

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