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Vino da Tavola Rosso “Moio 57” – Cantine Moio

Oggi parliamo di una di quelle tipiche bottiglie che, rimaste in cantina per anni, quando si ritrovano si pensa che ormai il loro periodo migliore sia trascorso e che, quasi certamente si andrebbe incontro ad una delusione stappandole, il che fa sì che la loro sosta in cantina perduri per altri anni.

Capita però che a volte, dopo aver finalmente deciso di stapparle (ovviamente si è premurosamente selezionata una bottiglia sostitutiva) la sorpresa sia grande.

E’ il caso del vino oggetto della nostra degustazione.

L’azienda

Tutti gli appassionati di vino conoscono il professor Luigi Moio, ordinario di Enologia all’Università Federico II di Napoli, vicepresidente dell’OIV e produttore di vino nella sua azienda Quintodecimo.
Il professor Moio arriva da una famiglia di produttori di vino, suo padre Michele,  è infatti il titolare delle Cantine Moio, con sede a Mondragone.

Sin dagli anni Cinquanta Michele Moio s’è dedicato alla riscoperta di uno tra i più famosi vini dell’antichità, citato da Plinio ma anche da Catullo, Orazio, Virgilio e da numerosi altri autori, ovvero il Falerno, da lui prodotto in diverse versioni con uve Primitivo, l’azienda infatti è situata nel cuore dell’antico Ager Falernus.

Il vino

Tra i numerosi vini prodotti con uve Primitivo noi andiamo a degustare il Moio 57, vino che deve il suo nome alla straordinaria vendemmia del 1957, che si ottenne a Mondragone.

I vigneti, situati tra i 50 ed i 120 metri d’altitudine, si trovano su suoli sabbiosi-vulcanici, l’esposizione è in pieno sole, da Sud-Est a Sud-Ovest, il sistema d’allevamento è a Guyot con densità di 4.000 ceppi/ettaro.

Dopo un’accurata selezione dei grappoli avviene la diraspatura e la fermentazione del mosto, con prolungata macerazione, il vino quindi s’affina per circa un anno in botti di rovere di Slavonia.

Essendo un “Vino da Tavola” in etichetta non viene riportata l’annata, però ci ricordiamo bene quando l’abbiamo acquistato, ovvero nel mese di luglio 2002, durante una nostra visita in cantina, quindi, visto il periodo d’affinamento, le uve dovrebbero essere della vendemmia 2000.

Stappiamo quindi la bottiglia e subito storciamo un poco il naso per la povertà del tappo utilizzato, un birondellato di poco prezzo della lunghezza di 40 millimetri.
Comunque sia ha tenuto bene, e nonostante i numerosi anni che la bottiglia ha trascorso in posizione coricata il vino non è risalito più di un millimetro lungo il sughero.
Lo decantiamo, pensando al residuo che si sarà formato negli anni, anche se in realtà nella bottiglia di fondo ne troviamo ben poco.

Alla vista si presenta con un color granato intenso, quasi succo di prugna cotta, mattonato sull’unghia, nulla di cui meravigliarsi, data l’età del vino.
Il vino si apre pian piano scoprendo un’ampiezza di profumi che mai ci saremmo aspettati, sottobosco, humus, foglie secche bagnate, ma anche frutto, nella fattispecie prugne, sia secche, che cotte ed anche in confettura, ma anche ciliegia stramatura, con leggere note speziate di cannella, vaniglia e pepe.
Al palato scopriamo un vino morbido ma ancora fresco e vivo, elegantissimo, con un tannino vellutato, presenta sentori balsamici e cioccolatosi, note di liquirizia dolce, frutto rosso dolce, prugne secche, fichi essiccati al sole, albicocche disidratate, lunga la sua persistenza.

Decisamente una grande sorpresa, un vino buonissimo, da annoverarsi tra i nostri migliori assaggi e, guarda caso, ne abbiamo un’altra bottiglia in cantina.
A questo punto lasciamola riposare qualche altro anno e poi ne riparleremo.
Lorenzo Colombo

http://www.cantinemoio.it/