Vinovae e le Vinotte
Durante questi due anni vissuti un poco da eremiti, con pochi contatti con l’esterno le aziende produttrici di vino hanno dovuto escogitare nuovi sistemi per potere far assaggiare le loro produzioni ai vari operatori del settore, clienti, stampa, guide etc.
Tra gli espedienti escogitati uno molto utilizzato e che abbiamo più volte avuto occasione di utilizzare, è stato quello di reimbottigliare i loro vini in contenitori di piccolissimo formato, adottando tutte le tecniche per fare in modo che non ci fossero differenze riscontrabili tra questi “campioncini” e le bottiglie.
I formati che sinora abbiamo avuto occasione d’approcciar sono stati quelli da 3 cl e da 5 cl e, per quanto ci riguarda siamo decisamente più favorevoli a quest’ultima misura ritenendo la prima dose troppo limitata per una corretta valutazione, anche visiva nei bicchieri attualmente utilizzati nelle degustazioni.
Ma veniamo alla Vinovae, azienda francese, creata da Grégoire Henry e Tristan Destremau, che, dopo due anni di studi e sperimentazioni ha deciso di mettere sul mercato le Vinotte, piccoli flaconcini in PET disponibili in fari formati: 2 cl., 4 cl e 5 cl.
L’azienda nasce nel 2016, ben prima di molte altre nate durante il periodo più acuto della pandemia ed ha quindi avuto tutto il tempo di effettuare più sperimentazioni prima di scegliere i contenitori adatti allo scopo, i loro formati e soprattutto la tecnologia da mettere in campo per evitare qualsiasi differenza tra i vini provenienti dalle bottiglie originali e quelli reimbottigliati.
L’idea originale infatti era quella di dare la possibilità di “testare” un vino prima del suo acquisto, un po’ come avviene per i tester dei profumi, per questo motivo il primo formato sviluppato è stato quello da 2 cl, al quale sono poi seguiti, a fine 2021, gli altri due formati più capienti.
Dicevamo dei formati e del materiale utilizzato, ovvero il PET, iniziamo da quest’ultimo materiale che in effetti ci lascia un poco perplessi, abituati come siamo al contenitore per eccellenza del vino, ovvero la bottiglia di vetro.
Ebbene ascoltando il ragionamento fatto da Tristan e da Perrin Vilain -responsabile di Vinovae per l’Italia- presenti entrambi all’incontro milanese, dobbiamo dire che in effetti l’utilizzo di questo materiale plastico “alimentare” ha una sua logica, iniziando dal fatto che è assai meno fragile rispetto al vetro, soprattutto considerando che è un contenitore che deve viaggiare e, cosa non secondaria di questi tempi, è completamente riciclabile.
Inoltre, per altre derrate alimentari questo materiale è stato completamente sdoganato, ad esempio per contenere la stragrande maggioranza degli olii di semi.

Lavorazione
Per quanto riguarda i formati l’azienda ritiene che quello da 2 cl. sia l’ideale per una degustazione tecnica, opinione che non condividiamo, infatti già a partire dall’analisi visiva del vino si riscontrano dei problemi.
Un così piccolo quantitativo si perde nel bicchiere, si fatica a valutarne persino il colore e la sua tonalità, se poi il bicchiere è già stato usato per l’assaggio di un precedente vino, quest’ultimo andrebbe ad interagire con una così piccola quantità.

Varie presentazioni dei campioni
Anche questa nostra considerazione viene in parte smontata durante la chiacchierata milanese, infatti lo scopo di queste minibottigliette non è quello di far assaggiare il vino nelle fiere o in altre manifestazioni, ma piuttosto quello di poterlo consegnare od inviare direttamente nelle sedi dei clienti o potenziali tali.
Il traporto infatti, data la minima quantità di liquido, è consentito nel bagaglio a mano sugli aerei, mentre per quanto riguarda la spedizione postale questa può essere effettuata con le tariffe “lettera”, riducendo notevolmente i costi.
Andiamo ora a vedere la conservabilità del vino in questi contenitori.
L’azienda garantisce una shelf life, senza alterazioni riscontrabili, di due mesi per i contenitori da 2 cl, quattro mesi per quelli da 4 cl e 5 mesi per quella da 5 cl, ovvero un numero di mesi pari al quantitativo contenuto.
I costi

Presentazione tipo
Si è parlato anche di costi da sostenere dal produttore di vino per una simile lavorazione, costi che ovviamente dipendono dalla capacità dei diversi flaconcini.
Da una normale bottiglia da 75 cl si ricavano rispettivamente: 15 “Vinotte” -questo è il nome dato alle bottigliette- da 5 cl (costo dell’operazione € 42,00), 19 da 4 cl (€ 47,00) e 37 da 2 cl (€ 57,00); al produttore, o al suo cliente, ne viene inviata una in meno rispetto a quelle prodotte, quest’ultima infatti viene conservata come campione.
Ma quant’è il numero minimo di bottiglie che un produttore deve inviare per essere sottoposte a questo processo?
La Vinovae richiede un minimo di 18 bottiglie, anche di referenze diverse, con un minimo di tre bottiglie per referenza.
Dimenticavamo di scrivere che l’azienda utilizza anche bottigliette di vetro, nell’unico formato da 5 cl e che il gas utilizzato per la protezione del vino è l’azoto.

Alcuni clienti
La Vinovae ha la sua sede operativa in Francia, a Lione, dove vengono effettuate tutte le operazioni di imbottigliamento ma dal 2019 ha anche una sua sede italiana, a Milano, lo scorso anno è stata poi aperta una sede spagnola e verso la fine di quest’anno se ne aprirà anche una negli Stati Uniti.
Nel 2021 sono state lavorate circa 40.000 bottiglie per un totale di oltre 2 milioni di Vinotte prodotte, il clienti sono ormai più di 600 sparsi in tutto il mondo e comprendono sia singole aziende produttrici, come interi consorzi ed anche prestigiose associazioni che operano nel mondo del vino, come la WSET e The Institute of Masters of Wine, mentre i dipendenti dell’azienda sono 21.
Dopo tutta questa parte diciamo “tecnica” veniamo all’assaggio dei vini proposti “alla cieca” dapprima nei vari formati di Vinotte e successivamente, sempre a bottiglie coperte provenienti dalle bottiglie originali.

Degustazione alla cieca
A noi è parso (ripetiamo, è parso) di cogliere delle seppur leggerissime differenze, con una fruttuosità ed una freschezza maggiore nei vini provenienti dalle bottiglie rispetto a quelle servite dai flaconcini.
Ma non è certamente con una prova così empirica che si riescono a percepire delle differenze -ammettendo che ce ne siano- per un’analisi scevra da pregiudizi e condizionamenti -per quanto ciò sia possibile- sarebbe più opportuno istituire un panel di assaggiatori esperti ai quali sottoporre lo stresso vino, proveniente dai diversi contenitori, servito direttamente nei bicchieri, in modo che non ci siano condizionamenti dovuti al recipiente di provenienza.
Il luogo comune ed il condizionamento sono infatti sempre presenti, anche se ci cerchi d’essere il più obiettivi possibile.
Al di là queste considerazioni abbiamo trovato l’incontro assai interessante e formativo, mai infatti sinora avevamo avuto l’opportunità di un simile confronto e certamente va un plauso a quest’azienda che ha avuto il coraggio di mettersi così apertamente in gioco.
Lorenzo Colombo