Garantito IGP: Cantina Terlano e quella gemma preziosa chiamata Terlaner Primo I Grande Cuvée

Gasser e Kofler
Nella mia intensa attività di degustatore ho compreso che ci sono territori naturalmente vocati per la produzione di uve a bacca bianca e, al contempo, ci sono aziende vitivinicole che, per questione di opportunità e, ovviamente, di cuore, non fanno altro che dare libero sfogo alla loro “anima bianchista” producendo grandi vini che sfidano il tempo e le mode. Questo binomio perfetto, in Italia, trova la perfetta collocazione in Alto Adige, tra Merano e Bolzano, con la Cantina Terlano.
Fondata nel 1893, questa cooperativa sociale conta oggi 143 soci che coltivano un totale di circa 190 ettari. Posizionata all’interno di un cratere vulcanico millenario, i suoi vigneti sono piantati all’interno di un suolo costituito prevalentemente da porfido quarzifero ricco di minerali che insieme alle particolari condizioni micro e macroclimatiche regalano una straordinaria longevità ai vini tanto che il loro archivio enologico, che conta oltre 100.000 bottiglie, è uno scrigno ricolmo di rarità dove si possono trovare varie annate dal 1955 ad oggi (in realtà ci sono anche bottiglie che risalgono a fine ‘800).
Grazie alla presenza di Klaus Gasser, direttore vendite e marketing, e Rudi Kofler, responsabile tecnico, poco tempo fa ho avuto la fortuna di partecipare a Roma alla presentazione dell’ultima annata del Terlaner I Grande Cuvée che, secondo l’azienda, è la più alta espressione dei tre vitigni identitari di Terlano: Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon Blanc.
Nato nel 2011 rappresenta pienamente la filosofia dell’azienda ed è oggi il bianco più prezioso della collezione perché, come eccellenza, viene prodotto solo nelle annate migliori, solo quando tutti i fattori climatici sono talmente favorevoli e ben combinati tra loro da far risaltare in pieno il Terroir di provenienza che viene esaltato dalla combinazione di questi tre grandi vitigni in grado di far emergere l’essenza di una tradizione ultracentenaria, svelare il cuore più nobile dell’uvaggio storico.
Per comprendere al meglio come si è arrivati all’ultima annata prodotta, la 2020, Rudi e Klaus ci hanno permesso di comprendere le potenzialità evolutive del Terlaner I Grande Cuvée grazie ad una piccola verticale di questo vino presentato anche nelle annate 2016, 2018 e 2019.
La 2016 (75% Pinot Bianco, 23% Chardonnay e 2% Sauvignon) ci viene descritta dallo stesso Rudi come una annata non facilissima in Alto Adige, caratterizzata da un anticipo vegetativo seguito da una gelata primaverile, fortunatamente non troppo dannosa, e con precipitazioni ricorrenti e superiori alle medie stagionali durante l’estate che per fortuna è terminata con giornata calde e asciutte che hanno permesso una vendemmia ottimale. Il vino nel calice, se dovessi fare un paragone artistico, ha caratteri boteriani, ha sinuosità ed abbondanza di “ciccia”, leggermente tostate, smussate da tocchi di fiori di acacia, gelsomino e lieve mineralità gessosa. Al palato mostra tutta la sua classe e la sua morbida struttura. Pieno, bilanciato e fresco, dal lunghissimo finale di frutta matura. Un vino che ha un suo stile, che piaccia o meno.
Il Terlaner I Grande Cuvée 2019 (70% Pinot Bianco, 28% Chardonnay e 2% Sauvignon) figlio di una annata inizialmente fredda tanto da ritardare la fioritura che è terminata solo a fine maggio. Subito dopo le temperature si sono fatte torride, a ridosso dei 40 gradi, fino ad agosto dove temporali frequenti hanno sì portato refrigerio ma, al tempo stesso, anche danni nella conca di Bolzano e Gries. La vendemmia è cominciata con tempo ottimale nelle prime settimane di settembre, quindi un po’ in ritardo rispetto alle ultime annate. L’analisi organolettica del vino ci mostra che la strada tracciata con la 2018 continua ad essere percorsa per cui nel calice ritroviamo un vino agile, dalla sostenuta verticalità e dalla rigida aristocraticità. Aromaticamente è ricco di richiami ai fiori bianchi, alle erbe di montagna, al salgemma, il tutto impreziosito da un tracciante agrumato di bergamotto. Al sorso è tutta tensione e progressione, con un finale inarrestabile quasi iodato.
Andrea Petrini