Garantito Igp: FOOO
FLORENCE OUT OF ORDINARY (FOOO)
La mia scarsa inclinazione verso le cose modaiole è arcinota, figuriamoci quella verso le cose di tendenza e il lessico che, ad esempio in materia di cibo e ristoranti, a ciò si accoda.
Altrettanto nota la mia attrazione, invece, verso i giochi del destino e l’intreccio di quei fili invisibili che, a distanza di anni o di decenni, come un elastico ti riportano in certi luoghi davanti ai quali sei passato mille volte e dove, per mille ragioni, mai però avresti pensato di entrare.
Indeciso tra curiosità e diffidenza, alla fine mi ci sono avvicinato senza pregiudizi. E, lo dico subito, ne è valsa la pena.
Atmosfera e architettura internazionali senza eccessi, servizio puntuale senza fiato sul collo, sedute comode, apparecchiatura gradevole, niente frastuoni né musicacce spaccatimpani (il sound dell’ambiente viene da una web radio che, garantiscono, trasmette ogni giorno nei luoghi di FOOO una selezione musicale che richiama lo stile delle principali web radio underground europee: non so se è vero, ma comunque non disturba).
Unica anticipazione: mi avrebbero servito un mix tra i piatti classici di Barbaglini e le nuove creazioni pensate apposta per il Fooo, tutte comunque assemblate (come dice anche il comunicato stampa) in “una proposta il più possibile naturale, ovvero non unicamente improntata a una materia prima di alta qualità e di filiera corta, ma anche lavorata con meno grassi e meno sale, nonché con processi di trasformazione che non ne intaccano le caratteristiche gustative e nutritive”.
Non ne sono uscito deluso, anzi tutt’altro.
Buoni la rapa candita al Campari con purea di coregone e il piedino di limone confit con melone bianco, più che buona per vivacità e delicatezza la nuova ostrica in brodetto alle spezie e peperoncino, mela e alkekengi.
Il primo degli oscar della serata va però a un classico del cuoco novarese, la coda di scampi e noce di capesante in succo di sedano all’assenzio con purea di cipollotti e zenzero, una portata riuscitissima che, al di là del nome un po’ barocco, spicca invece per la delicata e leggera complessità. Non da meno, e altro oscar, al nuovissimo riso al cavolo nero, polvere di alghe, agrumi e crostacei, piatto davvero godibile e di grande appagamento, giocato su consistenze e sfumature gustative.
Insomma una cena originale e diversa senza risultare, per fortuna, stucchevolmente “esperienziale” né troppo obbligata ai paletti di un percorso che, in altri frangenti, si trasformano in una gabbia. Parola d’ordine, leggerezza. In tutti i sensi, ma senza cadute dell’insipido e nel prevedibile.
Quanto al prezzo, che poi conta, vini esclusi alla carta si spendono sui sessanta euro, con possibilità di scegliere però anche menu da due, tre e quattro portate.
Stefano Tesi