Garantito IGP: Tenuta Regaleali
Tasca d’Almerita e quel micromondo vinicolo chiamato Tenuta Regaleali

Tenuta Regaleali
Questa pandemia ha reso quasi insostenibile la mia voglia di tornare a viaggiare per cui, caro lettore, spero tu possa comprendermi se, al termine della diretta Zoom sui vini di Tasca d’Almerita, la mia unica necessità era quella di prendere il primo aereo disponibile per la Sicilia e proiettarmi in quel micromondo vinicolo chiamato Tenuta Regaleali.
Qui nel 1830 i due fratelli Tasca, Carmelo e Lucio, acquistarono 1.200 ettari (diventati poi 500 a seguito della riforma agraria degli anni ’50), diventando custodi di questo territorio al centro della Sicilia, nell’antica Contea di Sclafani, a metà strada tra Palermo e Caltanisetta, Agrigento e Cefalù.
La tenuta, oggi, si estende per circa 550 ettari, e si trova in una fertile valle montuosa che da tempo immemorabile è dedicata all’agricoltura. Sebbene quest’isola verde interna sfoggi una vasta e rigogliosa gamma di colture, dalle olive al grano, documenti e prove archeologiche mostrano che la Vitis vinifera abbia da sempre una particolare affinità con Regaleali, e viceversa. Il primo riferimento alla “vigna di Racaliali” risale ad una cronaca del 1580 e, quando i fratelli Don Lucio e Don Carmelo Mastrogiovanni Tasca acquistarono la vasta tenuta feudale nel 1830, essa comprendeva anche un girato, un vigneto murato simile a un clos francese.



Vigneti
Regaleali, come detto, è una sorta di micromondo che si erge da 400 a 900 metri sul livello del mare, ha ampie escursioni termiche diurne associate a climi molto più settentrionali, ma presenta una qualità e un’intensità di luce distintamente siciliane, oltre che ad una varietà di terreni, aspetti e altitudini che si prestano a vitigni sia autoctoni che internazionali. Ma il mosaico di circa 25 varietà che attualmente cresce nella Tenuta non è frutto di un progetto impostato a priori da un enologo itinerante: è il risultato di una paziente sperimentazione durata otto generazioni, ognuna delle quali costruita sull’opera dei predecessori.
Quando il conte Giuseppe Tasca piantò la vigna più pregiata di Regaleali con Perricone e Nero d’Avola, coltivati ad alberello tradizionale siciliano sulla collina di San Lucio nel 1959, stava gettando le basi di quello che è oggi Regaleali, osando sognare quello che sarebbe diventato il primo vino di un singolo vigneto della Sicilia, Riserva del Conte, che poi prese il nome di Rosso del Conte.



Alberto Tasca
Vent’anni dopo, suo figlio Lucio Tasca, primo in Sicilia, fece una scommessa altrettanto visionaria quando, all’insaputa del padre, seguì l’intuizione che le varietà internazionali – Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Pinot nero e Sauvignon Blanc – non solo sarebbero cresciute rigogliose, ma avrebbero anche assunto nuove sottili qualità aromatiche tanto da far diventare queste quasi autoctone.
Per comprendere appieno questa realtà dalla mille sfaccettature, guidati da Lucio Tasca e da Corrado Maurigio (responsabile della Tenuta), abbiamo degustato sei vini che sono stati presentati con le nuove etichette dove il nome della Tenuta è posto oggi maggiormente in risalto per dare maggiore impulso all’identità territoriale delle cinque proprietà che compongono la Sicilia di Tasca d’Almerita: Tenuta Regaleali, culla di una Sicilia incontaminata e primordiale; Tenuta Tascante, con i suoi splendidi terrazzamenti sulle pendici dell’Etna; Tenuta Capofaro, un luogo dell’anima, scrigno della Malvasia delle Lipari; Tenuta Sallier de La Tour, la cantina liberty adagiata sulle dolci colline palermitane e, infine, Tenuta Whitaker, dove la viticoltura è immersa nelle vestigia fenice dell’isola di Mozia.
Di seguito i miei appunti di degustazione:
– Tasca D’Almerita – Sicilia DOC Cabernet Sauvignon “Vigna San Francesco” 2017 (100% cabernet sauvignon): uno dei vini simbolo di Tasca D’Almerita, l’emblema del lavoro e della lungimiranza di Lucio Tasca a Regaleali, è sicuramente questo cabernet sauvignon piantato nel 1985 nella parte alta della collina di San Francesco ad una altitudine compresa tra i 532 e i 585 metri s.l.m. Questo cabernet sauvignon, grazie anche alla modalità di affinamento in barrique nuove per 18 mesi, è da anni fedele a sé stesso e in questa annata, asciutta e decisamente calda, si presenta con un naso fitto di marasca, mirtilli, cacao, pepe nero, macchia mediterranea, cuoio, con spunti vegetali e di bergamotto a racchiudere il tutto. In bocca calore e struttura sono ben fusi, il tannino è magistralmente levigato e il finale, lungo, di torrefazione, conduce ad una armonica sinfonia finale. Nota tecnica: fermentazione in acciaio e successivo affinamento in barrique di rovere francese (Allier e Tronçais) da 225 litri, 100% nuove per 18 mesi.
Andrea Petrini