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Gli Svitati

Lo scorso lunedì 6 marzo si è tenuto presso la Villa Sorio, a Gambellara, un interessantissimo evento dal titolo Gli Svitati.

Ma chi sono Gli Svitati? E qual era lo scopo di questo evento?

Gli Svitati sono un gruppo di cinque produttori di diverse zone (Franz Haas, Graziano Prà, Jermann, Pojer e Sandri e Walter Massa) che hanno optato per il tappo a vite come chiusura per i loro vini.

Lo scopo dell’incontro era invece quello di sancire la superiorità della chiusura a vite rispetto al classico tappo di sughero monopezzo, sia per quanto riguarda la corretta conservabilità del vino come pure per la sua uniformità.

Gli Svitati

Sebbene siano arrivati ad utilizzare questa abbastanza recentemente, le prove e le sperimentazioni per il suo utilizzo risalgono ad alcuni decenni fa, possiamo così riassumere le loro motivazioni per questa scelta:

“Siamo cinque aziende che cercano la precisione fin nei minimi dettagli, scegliamo i vitigni che più ci rappresentano e le uve migliori, in cantina abbiamo tutto quello che ci può aiutare a produrre un vino di un’altissima qualità. Ma soprattutto abbiamo a disposizione il tappo ideale per mantenerla. Ecco perché non possiamo non approfittarne. La precisione che abbiamo sempre ricercato oggi è anche un atto dovuto, nei confronti del pubblico e nei confronti del vino”.

La degustazione è stata preceduta da un convegno dove, altre ai produttori dei vini, sono intervenuti alcuni produttori di questa tipologia di tappi, Stelvin, nome che ormai identifica i tappi a vite e Guala Closures.

Questi hanno presentato una serie di dati che così riassumiamo (ma che fatichiamo parecchio a condividere):

Oggi quattro bottiglie su dieci sono imbottigliate con tappo a vite, con una percentuale che in Europa Occidentale, storicamente più tradizionalista, è passata dal 29% nel 2015 al 34% nel 2021 (con un 22% in Italia”).

E’ inoltre intervenuto il professor Fulvio Mattivi, ricercatore della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, a sostegno dell’utilizzo del tappo a vite riportando le analisi dell’Australian Wine Research Institute che già nel 1999 ha condotto le prime interessanti sperimentazioni su quattordici diverse tipologie di chiusure del vino compreso il tappo a vite, che presenta una permeabilità all’ossigeno molto più bassa e variabile a seconda del rivestimento utilizzato all’interno del tappo.
Nelle bottiglie con questa chiusura, a distanza di anni, il vino dimostrava un colore ancora brillante e presentava delle caratteristiche organolettiche ideali. Sia per i vini rossi che per quelli bianchi, in queste degustazioni, le bottiglie con tappo a vite erano uguali alle migliori bottiglie con tappo di sughero.”

In apertura del convegno c’è stato un collegamento con Kevin Judd, per anni enologo di Cloudy Bay e successivamente fondatore di Greywacke.

Judd è stato il promo a sdoganare la chiusura a vite per i vini neozelandesi di fascia alta, entrando sin dal 2003 nel mercato europeo (il più tradizionalista) sebbene, nei primi anni, utilizzando la doppia chiusura, ovvero sughero e tappo a vite.
Judd ha riferito che la scelta definitiva per la chiusura a vite è dovuta ad una degustazione di uno Chardonnay.

I vini (in ordine di servizio)

Nel complesso crediamo che i vini tappati con tappo a vite abbiano una marcia in più, però pensiamo sia il caso di entrare nei dettagli di ogni specifico vino.
Le differenze maggiori le abbiamo riscontrate nei vini bianchi, in quelli rossi, anche se c’erano, erano decisamente più sfumate.

 – Franz Hass – Pinot Nero Schweizer 2015

Sughero: Più opaco alla vista.
Balsamico, mediamente strutturato, succoso, con un bel frutto, più pronto.

Vite: Più limpido.
Più pulito e fruttato, con ciliegia in evidenza, sapido e succoso.

Abbiamo in definitiva trovato due vini molto buoni, seppur leggermente diversi, quello con tappo in sughero c’è parso più pronto in questo momento, mentre quello tappato a vite ci è parso ancora in divenire, con più strada davanti a sé.
Se dovessimo sceglierne uno da bersi ora saremmo per il sughero, in caso di conservazione opteremmo per quello a vite.

 – Graziano Prà – Soave Classico 2010

Avevamo poco fa scritto un resoconto relativo ad una simile degustazione avvenuta a Milano nel mese di febbraio, in quel caso il vino messo a confronto è stato il Soave Classico Otto 2012 (vedi).

Sughero: Colore più intenso, dorato.
Due le bottiglie assaggiate, entrambe segnate da problemi di tappo, la prima tappata, la seconda con sentori di secchino.

Vite: Colore più scarico.
Fresco ma con sentori idrocarburici accentuati.

Non c’è stato modo di fare un paragone, se non quello di ribadire che il tappo di sughero è in grado di dare notevoli problemi al vino.

 – Walter Massa – Monleale 2016 (Barbera)

Sughero: Intenso al naso, austero.
Fresco, sapido, fruttato, succoso, bella vena acida, leggermente piccante, lunga la persistenza.

Vite: Fresco, pulito, succoso, bel frutto, ciliegia matura, bella vena acida, leggeri accenni piccanti.

Differenze non sostanziali tra i due vini, in quello con tappo in sughero c’è parso di cogliere maggiormente un sentore di prugna, mentre in quello a vite abbiamo colto la ciliegia, quest’ultimo inoltre appare più fresco.
Valutazione simile per i due vini, con leggera preferenza per quello con tappo a vite.

 – Pojer e Sandri – Igt Vigneti delle Dolomiti Sauvignon 2007

Sughero: Color oro antico.
Note tropicali, pompelmo un poco inacidito, chiuso, stanco.

Vite: tra il paglierino e l’oro scarico, luminoso.
Fresco, tipico, pompelmo, note vegetali, lunga la persistenza.

Qui non c’è lotta, nettamente migliore il vino tappato con tappo a vite.

 – Jermann – Vintage Tunina 2013
Un vino che ha fatto storia (e che continua a farla), uno tra i vini bianchi più blasonati in Italia.

Sughero: Color oro.
Evoluto, frutto tropicale.
Stanco, deviazioni dovute al tappo.

Vite: Molto bello il colore, paglierino-verdolino luminoso.
Fresco, con accenni idrocarburici.
Mediamente strutturato, verticale, minerale.

Anche in questo caso è nettamente superiore il vino con tappo a vite, favorito in questo  dai problemi dati dal sughero.

Conclusioni: certamente questa degustazione  non sancisce definitivamente la netta superiorità del tappo a vite rispetto a quello in sughero, evidenzia però (ma questo era risaputo) che questo tipo di chiusura salvaguarda il vino da tutte le problematiche dovute al sughero, sia il classico sentore di tappo come le più pericolose devianze dovute allo stesso e garantisce inoltre, cosa non indifferente, l’uniformità tra le diverse bottiglie.
Fondamentale per lo sdoganamento definitivo di questo tipo di chiusura è il fatto che venga adottato da produttori famosi per vini di fascia alta, questo dovrebbe sancire una volta per tutte l’assoluta qualità e garanzia data dal tappo a vite.
Lorenzo Colombo