Taste Alto Piemonte 2019
Anche quest’anno non abbiamo potuto recarci in prima persona a Novara in occasione di Taste Alto Piemonte, c’è stato però per noi Carlo Besana che dopo numerosi assaggi ne ha tratto il sottostante corposo pezzo che, anche se con estremo ritardo, andiamo a pubblicare.
Tutte le opinioni, valutazioni e considerazioni sui vini e sulle aziende sono quindi da ritenersi esclusiva opera del nostro collaboratore.
Dal 30 di Marzo al 1 di aprile scorsi si è tenuto, al Castello Visconteo Sforzesco di Novara l’evento Taste Alto Piemonte giunto alla sua terza edizione. Al suo interno era previsto un banco d’assaggio che vedeva rappresentate 50 aziende aderenti al Consorzio per la tutela dei Nebbioli dell’Alto Piemonte con oltre 200 vini in degustazione in rappresentanza delle 10 denominazioni presenti sul territorio: Boca DOC, Bramaterra DOC, Colline Novaresi DOC, Coste della Sesia DOC, Fara DOC, Gattinara DOCG, Ghemme DOCG, Lessona DOC, Sizzano DOC, Valli Ossolane DOC.
Molto buona l’affluenza che ha registrato oltre 2000 presenze nell’arco dei tre giorni , per un crescente interesse verso questi vini con risvolti molto interessanti in particolare all’estero, un mercato che ha ormai un peso importante per la loro commercializzazione.
In virtù del fenomeno di surriscaldamento globale del clima le uve raggiungono con maggior continuità ottime maturazioni, alle quali si abbinano pratiche enologiche sempre più precise e puntuali rispetto al passato.
Questa combinazione di fattori sta facendo sbocciare un panorama di giovani aziende, che si affiancano a quelle che godono di fama consolidata ed insieme sembrano aver dato vita ad una fase di recupero delle aree vitate e un rinnovato interesse per il territorio vitivinicolo dell’Alto Piemonte.
Il protagonista è ovviamente il Nebbiolo. Questo viene accompagnato, a seconda delle diverse tipologie di suolo, da piccole percentuali di Vespolina e Uva rara (Bonarda Novarese), ma anche Croatina, nel solo Bramaterra o spesso utilizzato in purezza come più frequentemente può accadere nei vigneti di Lessona , Gattinara e Ghemme.
Nelle Valli Ossolane il panorama dei vitigni consentiti è un po’ diverso e il Nebbiolo utilizzato prende il nome di Prùnent.
Anche io sono stato coinvolto dal desiderio di approfondire la conoscenza dei vini prodotti in questi territori. Dopo alcune visite nei mesi scorsi presso alcune aziende produttrici, ho colto l’occasione di questo Taste per poter migliorare la mia conoscenza confrontandomi con un buon numero aziende presenti alla manifestazione.
I vini rosati
In compagnia del mio amico Carlo mi sono quindi recato il sabato mattina a Novara per iniziare le degustazioni. Considerata la nostra curiosità di amanti del genere abbiamo iniziato l’assaggio dai Rosati, tipologia che suscita già di per se un crescente interesse , tant’è che sempre un maggior numero di aziende si sta avviando a produrlo ( le bottiglie sono ancora poche, tant’è che già a fine estate si fatica a trovarne nelle cantine).
Questi vini sono quasi sempre ottenuti da uve Nebbiolo in purezza ma spesso sono diversi nello stile e nella tecnica di vinificazione, accomunati invece da una sapidità piuttosto marcata che è il filo conduttore che li lega tra loro.
Una citazione la merita sicuramente il Mimo, considerato Patriarca ed etichetta storica tra i rosati dell’Alto Piemonte, sul mercato da oltre vent’anni!
– Antichi Vigneti Cantalupo di Alberto Arlunno. La vendemmia 2017 ci offre un rosato dal color salmone di media intensità con leggeri riflessi aranciati (il Nebbiolo!). Al naso il frutto non è più prorompente come si presentano i più fragranti 2018, le note sono più minerali, grafite e ferro; buona l’ intensità al palato, glicerico e di grande volume, caratteristica confermata dai suoi 14 gradi. Il frutto è ancora ben presente e dolce, il centro bocca è di grande densità Il finale molto lungo tra sapidità e dolcezza . (Vino assaggiato fuori manifestazione)
– L’unico altro rosato del 2017 assaggiato al Taste è quello di Rovellotti. Il campione in questione si presenta un po’ stanco con riflessi aranciati più marcati e con il naso che presenta i primi cenni ossidativi. La bocca conferma la prima impressione, ma Rovelloti si rifarà ampiamente con i vini successivi.
Segnalo di seguito alcuni dei 2018 assaggiati.
– La Grazia 2018 di Cantine Del Signore (zona Gattinara) Questo rosato risulta un vino ben fatto, dal colore rosa scarico, a partire da uve diraspate. Si presenta come un vino non di grande struttura, fresco, con un frutto nitido ed un leggerissimo residuo zuccherino. Molto gradevole il finale sapido.
– Fenrose 2018 di Poderi Garona (zona Boca). Il vino si innesta sulla stessa linea costruttiva del precedente, molto scarico in questo caso il colore, più marcato il residuo zuccherino. Si tratta di un vino decisamente moderno, un po’ ruffiano, e caratterizzato da un finale molto minerale, vibrante che dà quasi una sensazione di effervescenza.
– Rosadisera 2018 di Boniperti Vignaioli (zona Fara) Assemblaggio di due partite vinificate separatamente, una proveniente dal salasso dei Nebbioli da Rosso (pesa il 30 % in questo caso ) il restante sempre nebbiolo da pressatura soffice di uve diraspate. La tonalità del vino torna a essere di media intensità con riflessi aranciati appena accennati, naso fragrante asciutto su un letto di piccoli frutti rossi. In bocca risulta teso, leggero con un finale rinfrescante e di bellissima beva.
– Il Corinna 2018 dell’azienda La Prevostura. Doc Piemonte rosato, frutto di un mix di uve da territorio Lessona e colline novaresi. Da quest’anno in bottiglia borgognona, presenta un colore scarico di un rosa fenicottero, risultato di pressatura soffice e veloce ma anche della criomacerazione che contribuisce alla scarsa presa di colore. Al naso, in questo momento, il vino è un esplosione di banana, ananas e mango; in bocca è molto dinamico, belle sia la mineralità che il finale sapido con chiusura dolce.
– Al Posto dei Fiori 2018 Azienda Le Pianelle. Siamo nel Bramaterra. Questo Coste della Sesia rosato contiene un 10% tra Vespolina e Croatina. Assemblaggio di mosto proveniente da salasso e da macerazione di media lunghezza a freddo. Il colore si presenta intenso, quasi cerasuolo. L’ambizione del produttore è di fare un rosato capace di un medio invecchiamento, tanto che una piccola percentuale della massa fermenta in barrique esauste. Il naso evidenzia nuovamente gli effetti della macerazione a freddo: la banana domina la scena ma anche i frutti rossi in questo caso rimangono vivaci. Al palato il vino ha buona struttura, una leggera nota tannica e un grande dinamismo. Il finale è lungo e asciutto ma rinfrescato dalla bella vena acida.
NB: I produttori rassicurano che l’attuale esuberanza tropicale lascerà presto il posto ad una maggior complessità ed eleganza olfattiva, del resto tutti i vini sono appena stati imbottigliati
Chiudo le segnalazioni dei rosati con altri 2 provenienti da Gattinara
– Il Rosa di Martina Luca Calligaris. Nebbiolo in purezza dal color rame. Il vino è caratterizzato da una bella intensità olfattiva con note un po’ terrose, di nuovo la grafite ma anche un bel frutto. In bocca è grasso e presenta una notevole sapidità con un finale rinfrescante. Nel complesso si afferma un vino di grande versatilità e godibilità a tavola.
Ultimo ma non ultimo é il rosato di Nervi , azienda vitivinicola recentemente acquisita da Roberto Conterno il famoso vignaiolo di Langa produttore del Barolo Monfortino. Il vino, di un colore piuttosto scarico con riflessi aranciati, offre un naso di bella personalità e armonia: i piccoli frutti si fondono con sensazioni verticali di pompelmo e note floreali. In bocca è teso e vibrante, arricchito da una buona struttura con un lungo finale sapido e una chiusura dolce. Un gran bel sorso.
I rossi
Gattinara
Iniziamo il percorso tra i rossi del territorio con i Gattinara, i più numerosi e carismatici.
L’azienda Nervi presentava un 2015 in versione pluriparcellare. Il colore appare subito granato intenso. Nel complesso offre un frutto maturo, una buona speziatura ed un tannino intenso, ancora ruvido ma di bella trama. Si tratta di un vino di buona struttura con un finale non ancora in equilibrio, ma molto promettente.
– Vigna Molsino 2014 è un vino sorprendente. Il colore è granato scarico, brillante. Il naso è delicato, di grande finezza e armonia. In bocca è teso, rinfrescante con un tannino pronto e vellutato che ci porta verso un finale dolce. Da segnalare la grande sapienza enologica nel gestire quest’annata complicata, senza togliere il merito di una vigna altamente vocata.
– Antoniolo presentava 4 diversi Gattinara: un pluriparcellare e tre singole vigne. Molto interessanti i 2013.
Il Vigneto Castelle é un vino consistente, da terreni profondi e di bella beva, ma è soprattutto il San Francesco che incontra il mio totale gradimento. Si parte con un naso dal bellissimo equilibrio: note terrose con un frutto fresco. In bocca emerge una gradevole dinamica: tannino verticale su armonie fresche, con un finale un po’ da bitter, tra lo speziato e il dolce. La chiusura ricorda la liquirizia.
Minor equilibrio nell’Osso Sangrato 2014 prestigioso Cru dell’azienda. L’assaggio mi è risultato di difficile interpretazione. Assolutamente nessun difetto, vorrei riassaggiarlo fra un po’ di tempo magari aprendo prima la 2013 che conservo in cantina.
– Franchino: il 2014 si presenta con un naso elegante, fragrante, ricco di piccoli frutti, ma in bocca soffre leggermente l’annata. Il 2013 al contrario risulta di bella struttura, più carico nel colore con tannini ancora esuberanti. Nel complesso si tratta di un Gattinara austero, una bella espressione del territorio.
– Di Luca Callegaris: Un 2015 di bella prospettiva, con un tannino in evidenza e con tanta polpa ed un gran bel frutto fresco. A tavola sicuramente molto godibile. Presente anche una riserva 2012 che non ho assaggiato in questa occasione ma che ricordo positivamente.
– Riserva Borgofranco di Cantine del Signore 2012: Un vino ben costruito, grande pulizia con un frutto fresco e nitido. Bella tensione con un leggero calo al centro del viaggio. Il finale dolce è caratterizzato da tannini morbidi.
Chiudiamo la serie dei Gattinara con il Galizia della cantina Il Chiosso: l’azienda è giovane e promettente con i due soci alla conduzione: Carlo Cambieri, che porta in dote questo vigneto e Marco Arlunno, enologo e wine maker con vigneti anche nelle altre denominazioni.
Il Galizia 2012 è un vino piacevolissimo. Un naso di grande eleganza in totale armonia: note di fiori appassiti, piccoli frutti e tabacco. In bocca esprime una lunga parabola. Un vino verticale, fresco, con una bella trama tannica e un finale lungo e minerale, con un richiamo mentolato dalla beva deliziosa senza pausa alcuna.
Ghemme
Passando all’altra DOCG ci ricolleghiamo a Marco Arlunno che presentava anche i vini realizzati nell’azienda di famiglia: Mirù. Una menzione particolare la merita il Ghemme Vigna Cavenago 2011: si tratta di un vino realizzato con il clone Spanna, Nebbiolo a grappolo Grande e un 15 % di Vespolina, vinificati assieme.
Il vino si presenta con un colore granato abbastanza intenso, riflessi rubini, e una bella brillantezza. L’intensità si propone anche al naso che però rimane fresco; eccellente la gestione della maturità ,considerando anche la presenza della vespolina che contribuisce all’ampiezza con la speziatura, dai sentori leggermente piccanti.
In bocca è dritto, vibrante, sempre in tensione con un tannino di bella trama e chiusura amaricante. Nonostante abbia solo 12,5 gradi alcolici non si manifesta nessuna carenza strutturale. L’assaggio risulta pieno e persistente, nel complesso: emozionante.
Interessanti sono anche i tre Ghemme di Torraccia del Piantavigna. Il 2013 si afferma un bel vino lineare, con uno stile tendente al moderno: bella beva e ottimo rapporto qualità prezzo.
Ci sono inoltre due Riserva. La 2012 presenta un’eccellente armonia e finezza al naso. In bocca è fresco, con tannino ancora in evidenza, ma piacevole. Nel complesso un vino di bella dinamica e allungo finale consistente.
La Riserva 2009 risponde meno al mio gusto personale. Il vino è in fase di leggera surmaturazione, un po’ stanco al centro con l’olfatto avviato verso aromi terziari.
– Rovellotti, storico Produttore della DOCG è presente con due versioni della Riserva Costa del Salmino 2013. La prima si presenta come un Ghemme di color granato. Il naso è intenso con una gradevole speziatura ed il legno ancora in leggera evidenza. La bocca è piena, buona tensione e tannini in quantità, mentre il finale è asciutto ma offre anche un bel frutto succoso, indice della sua voglia di vivere a lungo.
Il Chioso dei Pomi si caratterizza con uno stile molto simile. All’assaggio risulta più pronto e meno esuberante, fresco e già di bella beva.
Prima di chiudere con i Ghemme apro una parentesi per il loro vino dolce: il Valdenrico. Si tratta di un vino proveniente da uve Erbaluce lungamente appassite, pressatura a marzo, viene poi lasciato fermentare lentamente in barrique. Il prodotto conserva una bellissima freschezza che non rende per niente stucchevole la sua dolcezza. Le note da botritys ed il tannino (passaggio in legno) aggiungono dinamismo a un vino con una beva gradevolissima.
Bramaterra
Passiamo ai Bramaterra e Lessona che, in qualche caso, le aziende producono insieme.
– Noah, azienda di recente costituzione, presenta un Lessona del 2014. Il vino è ben costruito, bella la pulizia enologica buona e la finezza al naso. In bocca forse sconta un po’ l’annata non particolarmente fortunata e la gioventù di vigneto e botti. Il loro Bramaterra 2013 mostra maggior consistenza, dal colore più vivace ed intenso con le note rubine ancora ben presenti. Colgo l’occasione per ricordare che in questa Doc il Nebbiolo non può superare l’80 %. In questo caso il restante assemblaggio comprende un 10% di Croatina 5 % di Uva Rara e 5% di Vespolina, che insieme fanno crescere facilmente la tonalità. Confermiamo la buona esecuzione anche di questo vino , con un bel frutto in evidenza e con la spezia in armonia con le note boisè in chiusura olfattiva. In bocca buona polpa con finale astringente.
– Colombera & Garella è un’atra azienda che presenta entrambi i vini. Il Lessona 2015 è un vino dalle tonalità rubine già tendente al granato scarico. Il naso è sottile ed elegante con sensazioni dolci ed un frutto croccante , leggermente boisè. In bocca si conferma un vino delicato, teso e sottile, con il legno ancora da digerire completamente. Ben fatto. Il loro Bramaterra 2015 è di colore scarico rispetto alla media e offre una grande armonia olfattiva, con un frutto succoso, floreale sottile ed elegante. In bocca é fresco, con un frutto vivido ed elegantissimo nella sua struttura esile di grande equilibrio.
– Odilio Antoniotti, figura storica del Bramaterra, oggi ben coadiuvato dal figlio Mattia presenta una 2015 di stile completamente differente rispetto a vini descritti sopra. Il colore è più rubino ed intenso. Il naso sprigiona un frutto di bella maturità, balsamico ed una grande verve. In bocca è voluminoso con il tannino in evidenza ma di bella trama (qui cogliamo la conferma della presenza determinante della Croatina già intravista nel colore e nella maturità del frutto). Il finale è rinfrescante con la sua vena sapida, non ancora in perfetto equilibrio ma di grande prospettiva, precisione enologica e ricchezza del territorio.
– Roccia rossa è un interessante Bramaterra 2014. Il colore è granato scarico , di bella eleganza. In bocca è sottile e ricorda un Valtellina Classico, con un finale minerale. Nel complesso una bella espressione del territorio.
– La Psigula, ex La Tur , è una micro azienda di recentissima costituzione che conta poco più di un ettaro nel comune di Curino. I proprietari Giacomo Foglia e l ’effervescente moglie Claudia Guanci, sono presenti con la loro prima etichetta di Bramaterra Riserva vendemmia 2015. Il colore é rubino, intenso dall’ unghia con riflessi granata. Al naso il frutto è consistente, di bella maturità, con le note boisé in evidenza ( si fa sentire il primo passaggio della botte nuova ). In bocca il vino si presenta fresco con una vena sapida ed una bella polpa al centro, il legno si fa sentire all’attacco e sul finale dolceamaro.
Il loro Coste della Sesia 2017 è il frutto di un assemblaggio con minor quantità di Nebbiolo e nessun passaggio in legno, di provenienza da un vigneto di famiglia piantato negli anni 50. Si tratta di un vino con una bellissima materia, pulito e fresco, con un frutto succoso ed una sottile speziatura. In bocca si esalta il frutto, con una bella tensione fresca e lievemente sapida: un sorso godibilissimo.
Chiudo i Bramaterra con il 2014 dell’azienda Le Pianelle. Il prodotto soffre la complicata vendemmia e manifesta un colore scarico ed un naso un po’ stretto e marcato dal legno. In bocca il legno è ancora esuberante, esile, ma di bella finezza, alla ricerca di un maggior equilibrio.
Lessona
Pochi i Lessona assaggiati oltre il già descritto di Colombera & Garella, ma tutti offrono buoni spunti di sicuro interesse.
– Il Lessona 2015 dell’ azienda La Prevostura è un vino di bella materia, grande precisione enologica ed una tendenza moderna. Il legno è gestito sapientemente, con trama balsamica infusa. In bocca spicca una vibrante sapidità, il gusto é teso e fragrante con al centro un frutto consistente e una chiusura tendente al dolce. Un vino di grande prospettiva.
– Massimo Clerico presentava un Nebbiolo 2014 (credo per questa annata lui non avrà un Lessona). Il vino in questione si presenta con un colore scarico, già granato pieno. Il naso é sorprendente e piacevolissimo: elegante scorza d’ agrume con leggere note di bitter. In bocca l’annata si sente, è un po’ fugace.
Il suo Lessona Riserva 2012 è tutt’altra cosa. La veste è di un granato intenso e fitto: all’olfatto la nota agrumata spicca nuovamente in modo elegante. Intensi sono anche gli aromi di fava di cacao e caffè, mentre l’ utilizzo del legno piccolo, non di primo passaggio, lo caratterizza ma è gestito con sapienza. In bocca il vino si conferma: i tannini si sommano in un equilibrio eccellente. Il gusto è teso e vibrante, grande polpa matura e confettura con una sapidità fresca e bilanciante. Gran bella Riserva: chapeau!
Boca
Il Boca è un territorio intrigante ed in fase di rinascita dove nuove realtà stanno emergendo. Ne ho fatto oggetto di uno studio personale, in particolare per la gestione vendemmiale ed enologica della Vespolina, uva in quota spesso rilevante in questa denominazione. I vini mi trovano ancora impreparato nel giudicarli e fatico dunque a trovare un filo conduttore tra le espressioni assaggiate anche in precedenti occasioni.
Nonostante ciò mi sento comunque di fare un paio di segnalazioni / riflessioni:
– La Tenuta Guardasole è una nuova realtà del panorama con meno di 2 ettari. Nella sua prima vendemmia, il Boca 2015 (80% Nebbiolo 20% Vespolina) avvengono vinificazioni separate e assemblaggio a fine fermentazione. Nel complesso non mancano pulizia e precisione. Le botti nuove si fanno sentire solo lievemente. La materia è promettente, manca solo un po’ di carisma, forse dovuto al vigneto che è ai suoi primi vagiti.
Ho inoltre effettuato una prova di vasca della 2016. Un assaggio molto incoraggiante. Il colore è di un bel rubino vivace intenso. Il naso è fragrante, con frutto alla ciliegia. In questo caso il legno si integra meglio e dona ampiezza ed equilibrio. In bocca è croccante, con i tannini saltellanti e un finale asciutto. Proprio un vino da seguire.
– Il Boca 2015 di Cantine Barbaglia è molto convincente, seppur non ancora in perfetto equilibrio, offre sensazioni di bella prospettiva. Si tratta di un nebbiolo vinificato assieme alla Vespolina (con l’attenzione di vendemmiare quest’ultima in anticipo), e si caratterizza con un color rubino granato piuttosto intenso e luminoso. Al naso si ripropone l’intensità di un frutto succoso, arricchito da una bella speziatura e dalla pulizia e sapienza nella gestione della botte. In bocca è un vino di materia consistente, che deve ancora trovare un equilibrio; l’acidità è elevata, così come i tannini graffianti ma di sicuro avvenire; un gusto tagliente con un finale sapido. Nel complesso un Boca coi fiocchi.
Dietro consiglio di Silvia Barbaglia figlia di Sergio, con il quale conduce l’azienda, prima del Boca ci propone una vespolina TuttAcciaio 2018 appena messa in bottiglia. Anche in questo caso si può parlare di un gran bel lavoro, ad iniziare dal colore rubino intenso con riflessi violacei. Il naso offre un frutto croccante, con una verticalità dalla ciliegia alla mora, una spezia nitida in cui spicca il pepe. In bocca è fresco, in tensione, ed il frutto si conferma di bella materia. Un gusto dritto dal finale speziato. A dispetto dei dubbi iniziali, l’assaggio valeva veramente la pena.
Fara
Merita in assoluto la citazione il Barton 2015 di Gilberto Boniperti: assemblaggio composto da 70% Nebbiolo e 30% Vespolina. Il colore è un rubino di tonalità media con riflessi granata, luminosissimo. L’olfatto è di grande armonia, elegante, e beneficia di un uso estremamente preciso della botte da 21 HL; spiccano i piccoli frutti rossi al naso con una nota di caffè in chiusura, ma è dolce nel complesso. In bocca si conferma con un frutto succoso dalle sfumature agrumate, una leggera esitazione al centro di bocca ed un finale dolce/amaro leggermente asciugante. Il gusto è sempre in tensione sulla vena acida e rinfrescante, preludio a sviluppi di alto profilo e di grande eleganza.
Prunent
Ultima e doverosa menzione per il Prunent, nome che prende il clone di Nebbiolo coltivato nelle Valli Ossolane.
– Cantine Garrone è presente con 2 versioni. Il Prunent 2016 si presenta con un colore molto vivace: rubino e un granato appena accennato. Si continua con un bel naso fragrante, dal frutto ricco e di grande armonia. Al palato si conferma succoso, in tensione e senza sbavature con la filigrana tannica già in equilibrio. Il finale minerale lo rende ancora più bevibile, da incorniciare.
L’altra versione è il 10 Brente. Il nome del vino indica la quantità di uve raccolte nel piccolo vigneto storico a produzione molto limitata, dal quale si raccoglie per la sua vinificazione. Il vino segue lo stile del precedente ma si caratterizza con un impatto di maggior profondità, ampiezza e complessità. Tali caratteristiche lo rendono un vino meno immediato, più verticale, dal finale lungo, balsamico e minerale.
Carlo Oreste Besana