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Giusti Wine ed il Prosecco Rosè Rosalia

Magari i Prosecco Rosé fossero tutti così!

Se n’è parlato tanto negli ultimi tempi ed ancora se ne parla, tutti ne scrivono, molti lo acclamano come una grande innovazione e rivoluzione, altri lo detestano e lo vedono come una mera operazione di marketing, fatto sta che noi non ne avevamo ancora assaggiato uno.

Stiamo parlando del Prosecco Rosé, autorizzato da poco dal disciplinare della Doc Prosecco (sulla Gazzetta Ufficiale l’autorizzazione è riportata in data 11 agosto 2020), ma che pare abbia già venduto milioni di bottiglie (si parla di 13 milioni prodotte prima dello scorso Natale).
Innanzitutto il Prosecco Rosé può essere prodotto nella sola tipologia Spumante, e non in quelle “fermo” e “frizzante”, la caratteristica che lo distingue dal “normale” Prosecco Doc (500 i milioni di bottiglie prodotte nel 2020), è data dall’obbligatorietà di utilizzare nella sua produzione, oltre alle tradizionali uve -Glera principalmente (nella percentuale minima dell’85%)- dal 10% al 15% di Pinot nero (vitigno peraltro già autorizzato dal disciplinare, purché vinificato in bianco) vinificato in rosso, che va così a caratterizzarne il color rosa.
Il Prosecco Spumante Rosé può essere prodotto nelle tipologie brut nature, extra brut, brut ed extra dry, non sono quindi previste le tipologie dry e demi sec, ammesse nel “tradizionale” Prosecco Spumante, viene inoltre elevato il periodo di elaborazione in autoclave, portandolo ad un minimo di 60 giorni.

Cantina e vigneti

L’occasione d’assaggiarlo è infine arrivata con la presentazione alla stampa del Prosecco Spumante Rosé di Giusti Wine, primo vino frutto della recente collaborazione con l’enologa Graziana Grassini (per chi non la conoscesse è l’enologa, tra le numerose aziende delle quali è consulente, della Tenuta San Guido, ovvero del Sassicaia).

Conosciamo già la Giusti Wine, avevamo assaggiato alcuni loro vini un paio d’anni fa, in occasione di un Press tour sul Montello (vedi), ma soprattutto avevamo potuto visitare la bellissima Abbazia di Sant’Eustachio, monastero benedettino risalente al 1062.
Nel 2012 Ermenegildo Giusti decise di restaurarla e in meno di due anni il rudere è diventato un pregevole polo culturale aperto al pubblico, sede di mostre ed eventi.

Abbazia di Sant’Eustachio

Nello spazio di quindici anni la Giusti Wine, fondata nel 2000, con l’acquisto dei primi due ettari, da parte di Ermenegildo Giusti e con la messa a dimora dei primi vigneti nel 2006, l’azienda è arrivata a disporre di 125 ettari suddivisi in dieci diverse tenute, sparse tra il Montello e la riva destra del Piave, inoltre possiede due vigneti nella Valpolicella Classica dai quali ricava sia Amarone come Valpolicella Ripasso.

Ermanegildo Giusti

Ermenegildo Giusti emigrò in Canada in gioventù e in quel paese ha fatto fortuna, divenendo uno dei più grossi imprenditori edili, il richiamo della terra d’origine però è forte -la sua era una famiglia contadina-  e, come scritto sopra, nel 2000 acquista i primi due ettari di terreno e punta, perlomeno all’inizio, sulla Glera, per produrre Prosecco e su altri vitigni autoctoni, come la Recantina.

Ormai i vitigni coltivati nelle diverse tenute sono numerosi, oltre alla Glera troviamo infatti Chardonnay, Manzoni Bianco, Perera e Pinot Grigio tra quelli a bacca bianca e Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Petit Verdot, Pinot Nero e Recantina tra quelli a bacca nera.
Giusti ha poi dato spazio anche ai vitigni PiWi, resistenti alle principali malattie fungine, ha infatti messo a dimora sei ettari tra Merlot Khorus, Cabernet Volos, Sauvignon Nepis, Sauvignon Rithos e Souvignier Gris.

Nel luglio dello scorso anno è stata inaugurata la nuova cantina, frutto di un investimento di 15 milioni di euro, coi suoi cinque piani si spinge sino ad otto metri nel sottosuolo ed in superficie e ricoperta da un vigneto.

Le tenute

Giusti che si definisce un “fanatico della natura” ha idee chiare e ambiziose, oltre ad avere una visione a lungo termine, ha fatto grossi investimenti nella sua terra d’origine, anche come “riconoscimento” per la fortuna che ha avuto nella vita, e pensa che nell’arco di una cinquantina d’anni il Montello possa diventare una delle più importanti zone viticole al mondo.
E’ contrario ai trattamenti che dovrebbero essere il minimo indispensabile nelle sue vigne, è contrario pure al BIO, a causa dell’utilizzo del rame, materiale inquinante, i suoi vigneti sono inerbiti ed i suoi vini debbono essere la massima espressione del territorio.

Graziana Grassini

La recente collaborazione con Graziana Grassini prevede un progetto che va oltre la produzione di Prosecco Rosé, primo frutto di questa unione d’intenti, fanno parte di questo progetto l’Asolo Prosecco Superiore e la Recantina, vitigno poco diffuso sulle cui potenzialità la Grassini crede molto.

Il vino

Arriviamo infine alla descrizione ed alla degustazione del vino, ovvero del Prosecco Rosé DOC Millesimato 2020 Extra Dry “Rosalia
Frutto di un blend tra Glera (90%) e Pinot nero (10%), le uve provengono dalla Tenuta Rosalia -da cui il nome del vino- sita a Nervesa della Battaglia (paese d’origine della moglie di Giusti), per quanto riguarda la Glera e dalla Tenuta Case Bianche, situata a Volpago del Montello per il Pinot nero, quest’ultima proprietà appartiene alla famiglia Giusti sin dal 1870.
Il sistema d’allevamento utilizzato per la Glera è il Sylvoz, con densità variabile tra i 3.000 ed i 3.500 ceppi/ettaro, mentre il Pinot nero è allevato a doppio capovolto, con densità di 4.000 ceppi/ettaro, i suoli sono tendenti all’argilloso con buona presenza si sabbie e ciottoli.

La cantina

La vinificazione avviene separatamente per i due vitigni, la Glera viene pressata in atmosfera d’azoto e dopo la fermentazione il vino rimane per tre mesi sulle fecce fini, il Pinot nero fermenta (senza subire la malolattica) e matura in vasche d’acciaio.
Dopo l’assemblaggio, effettuato quando i vini sono ancora sulle fecce, viene effettuata la rifermentazione in autoclave dove il vino matura per un mese sui lieviti prima d’essere filtrato e quindi imbottigliato.
Sono 60.000 le bottiglie prodotte, destinate principalmente all’estero, con Canada, Cina, Equador ed Europa in genere come principali mercati ed il successo del vino pare assicurato dal fatto che in tre giorni è stata esaurita la prima produzione.

Si è puntato sin da subito su un vino di alto livello, concepito anche per durare nel tempo visto che la maggior parte delle bottiglie dovrà viaggiare per il mondo, dedicando una grande cura ad ogni particolare ed a giudicare dal nostro assaggio ed anche dai commenti di altri colleghi, pare proprio che la coppia Giusti-Grassini abbia centrato l’obbiettivo.

La degustazione

Confessiamo che ci siamo accostati a questo vino con un certo scetticismo, e si che durante i numerosi corsi sul vino e le varie serate che teniamo diciamo sempre che non bisogna mai avere pre-giudizi, ma esprimere le proprie opinioni solamente dopo aver messo il naso nel bicchiere ed il vino in bocca, però è molto più facile dire queste cose che metterle in pratica per questo i cospargiamo quindi umilmente il capo di cenere.

Partiamo dal colore, bellissimo, un color petalo di rosa affascinante, tendente al cipria, con leggerissimi accenni ramati, Graziana Grassini dice che si è ispirata a questo colore dopo aver visitato un’enoteca a Parigi dov’erano in bella mostra una quarantina di vini Rosé.
La spuma nel bicchiere è abbondante ed evanescente, il perlage molto bello e fitto anche se le bollicine pur numerosissime, non sono sottilissime.
Intenso al naso, fresco, con un’esplosione di sentori di piccoli frutti di bosco, di ciliegia e d’agrumi maturi, i due vitigni sono perfettamente amalgamati e s’esprimono in simbiosi, il Pinot nero non passa inosservato.
Alla bocca troviamo un vino fresco, sapido, succoso, armonico, con acidità agrumata, netti sentori i d’agrumi e di caramella frizzante ai frutti di bosco, leggere note aromatiche, lunghissima la sua persistenza. I 12 gr/litro del suo residuo zuccherino, linea di confine tra la tipologia Brut e quella Extra Dry, non danno assolutamente fastidio e rendono il vino abbastanza duttile negli abbinamenti.

Abbinamenti che comunque, secondo noi, non dovrebbero però oltrepassare una certa soglia, trattandosi pur sempre di un Metodo Charmat, lo vediamo quindi bene come vino da aperitivo o per accompagnare piatti leggeri e salumi, prosciutto crudo soprattutto, pesce anche crudo, ma crediamo che il suo momento migliore possa essere la condivisione con gli amici, senza necessariamente doverlo accompagnare a qualsivoglia cibo, oppure come degno compagno in un assolato pomeriggio in piscina.
Lorenzo Colombo