Insolitus: tre nuovi vini dall’Abbazia di Novacella
Ohm, Quota e Hora, questi sono i nomi dei tre nuovi vini prodotti dalla Cantina dell’Abbazia di Novacella ed inseriti nella nuova linea produttiva dal nome “Insolitus”.
“Insolitus” perché si tratta per l’appunto di vini insoliti come spiega il direttore della cantina Werner Waldboth “Il nome che abbiamo scelto vuole enfatizzare il nostro desiderio di percorrere strade differenti, appunto insolite, rispetto alla nostra classica produzione”.
Sperimentali diremmo, prodotti in un numero limitato di bottiglie e qualcuno di essi destinato a non essere più riproposto negli anni a venire, oppure ad essere inserito in una delle linee produttive già esistenti; su questi vini ci si è inoltre prefissati di contenere la gradazione alcolica, quella dei tre prodotti in degustazione s’attesta infatti sul 12% vol.
Ogni anno l’azienda ha intenzione di proporne uno nuovo di questi vini e a tal proposito è già pronta una base spumante da uve Sylvaner il cui risultato finale si potrà verificare tra qualche anno.
L’Abbazia di Novacella è una delle più antiche cantine al mondo, nasce infatti nel 1142.
Dispone di vigneti sia in Val d’Isarco, dove si coltivano i vitigni a bacca bianca -Sylvaner, Müller-Thurgau, Kerner, Grüner Veltliner, Pinot Grigio, Riesling , Gewürztraminer e da pochi anni anche Pinot bianco-, sia a Cornaiano ed a Bolzano, dove si trovano quelli a bacca rossa ed ultimamente anche il Bronner, unico vitigno quest’ultimo a bacca bianca.
I vigneti s’estendono dai 260 sino ai 900 metri d’altitudine, 28 sono gli ettari in proprietà (6 a Novacella e 22 tra Cornaiano e Bolzano), ai quali s’aggiungono altri 60 ettari gestiti da una cooperativa.
I vini – il 70% dei quali sono bianchi- sono suddivisi in due linee produttive, la linea Classica e la linea Praepositus, quest’ultima dedicata i vini più importanti, dei veri e propri Cru aziendali.
A queste due si aggiunge da ora la nuova linea Insolitus, dedicata unicamente al canale Ho.Re.Ca. , che si distingue dalla altre anche per la forma della bottiglia di tipo borgognotta.
I vini
La degustazione, in videocollegamento con l’enologo Celestino Lucin e il direttore della cantina Werner Waldboth è stata guidata da Pierluigi Gorgoni.
Ecco le nostre impressioni su quanto assaggiato:
L’Ohm è l’unità di misura della resistenza elettrica e l’Abbazia di Novacella ha voluto dare questo nome al loro primo vino prodotto da un vitigno resistente (PIWI), il Bronner.
Di quest’uva abbiamo più volte scritto, si tratta di un vitigno a bacca bianca creato nel 1975 nell’Istituto di Viticoltura di Friburgo; incrocio fra la vite europea (Vitis Vinifera) e la Vitis Labrusca. E’ una varietà con una forte resistenza ai principali funghi patogeni come oidio e peronospera.
Iscritto al Registro Nazionale delle varietà di vite dal marzo 2009, è presente in Lombardia, Trentino – Alto Adige e Veneto e può essere utilizzato in 12 vini ad Igt.
Poco meno di 90.000 le barbatelle prodotte nel 2018.
Le uve provengono dal podere Marklhof, situato a Cornaiano a 420 metri d’altitudine, su suoli morenici, ghiaiosi, sopra un substrato di porfido, qui si coltivano principalmente vitigni a bacca rossa: Schiava, Pinot nero, Lagrein e Moscato rosa, ma tre anni fa è stato messo a dimora anche il Bronner, allevato a Guyot con densità di 6.000 ceppi/ettaro con resa di 60 ettolitri/ha.
Si tratta di un impianto assai giovane ed è alla sua prima vendemmia, non è stato effettuato alcun trattamento in vigna.
Dopo la raccolta le uve sono state poste in cella frigorifera e pressate il giorno seguente, la vinificazione si è svolta in vasche d’acciaio, dove il vino è rimasto in affinamento per sei mesi.
L’imbottigliamento è stato effettuato nel mese di febbraio.
1.350 sono state le bottiglie prodotte di questa prima annata.
Si presenta con un color paglierino-verdolino luminoso.
Intenso al naso dove si colgono sentori d’erbe officinali, camomilla, note floreali e di frutta a polpa bianca, agrumi (cedro) ed accenni fumé.
Spiccata la sua vena acida, il vino è teso, verticale, presenta note speziate di zenzero, e d’agrumi (pompelmo, cedro, lime), molto lunga la sua persistenza.
Anche qui ci troviamo di fronte ad un vino prodotto da un vigneto messo a dimora unicamente tre anni fa, il Pinot bianco infatti non era presente in Val d’Isarco sino a pochi anni addietro, essendo considerato il clima della zona troppo freddo per il vitigno.
Il vigneto è situato a Novacella, a 650 metri d’altitudine (da cui il nome del vino:“Quota”), su suoli di natura morenica, l’esposizione è Sud-Ovest, il sistema d’allevamento è il Guyot con densità d’impianto di 6.000 ceppi/ettaro, con resa di 50 ettolitri/ha.
La fermentazione alcolica si svolge in barriques (per 1/3 nuove), dove il vino poi sosta in affinamento per un anno, seguono quindi sei mesi di maturazione in bottiglia.
Sono 1.700 le bottiglie prodotte.
Il colore è paglierino di media intensità, luminoso.
Intenso e di buona eleganza olfattiva, si colgono sentori di frutto giallo maturo e note date dall’utilizzo della barrique: miele, fiori di tiglio e d’acacia, accenni vanigliati, affumicati e tostati.
Dotato di buona struttura, decisamente sapido e con buona vena acida, fresco e succoso, ritroviamo il frutto giallo maturo unito a note vanigliate e ad accenni vegetali, il legno è ancora percepibile ed il lunghissimo fin di bocca chiude leggermente amarognolo su note tostate.
Prodotto con uve Sylvaner della vendemmia 2015, i vigneti si trovano a Novacella, a 720 metri d’altitudine, su suoli di natura morenica, con esposizione Sud e sistema d’allevamento a Guyot con densità di 6.000 ceppi/ettaro, la resa è di 50 ettolitri/ha.
Durante la fermentazione alcolica il mosto rimane a contatto con le bucce per 10 giorni, la maturazione del vino avviene per 24 mesi in botti da 30 ettolitri e per 18 mesi in barriques, seguono ulteriori 12 mesi di sosta in bottiglia.
La produzione è stata di 1.500 bottiglie.
Il colore è oro antico, luminoso e brillante.
Intenso al naso, dopo un’iniziale chiusura s’apre su note di miele, fiori gialli, mela matura, buccia d’uva, fiori e frutta secca (noci e mandorle) ed accenni sulfurei.
Succoso e decisamente sapido, fresco e verticale, con leggeri accenni tannici, si coglie un frutto giallo maturo, note piccanti che rimandano al pepe bianco ed allo zenzero, salvia e timo, sentori tostati su una lunghissima persistenza.
Abbiamo trovato decisamente interessanti sia l’Ohm -con una vigna di soli tre anni pensiamo sia stato raggiunto un ragguardevole risultato- come pure l’Hora, un vino notevole quest’ultimo, non appesantito da una macerazione troppo prolungata, ampio, complesso e molto elegante, un gran bell’esercizio enologico.
Unico appunto, ma secondo noi questo vale per la stragrande maggioranza degli Orange Wines è il fatto che il vitigno (ed il territorio) rimangano un poco in secondo piano, ovvero il metodo produttivo prevale su di essi.
Per ultimo abbiamo lasciato il Quota, vino che ci ha un poco meno convinti e dove il legno, ovvero la barrique, ha preso (secondo noi) un poco il sopravvento, probabilmente anche a causa della gioventù del vigneto.
Sarebbe interessante poterlo riassaggiare tra un paio d’anni quanto (perlomeno pensiamo) il legno sia stato meglio digerito ed integrato nell’insieme complessivo.
Un’ultima annotazione in merito alle etichette dei vini, molto belle, lineari, minimaliste ed indicative dei vini che vanno a rappresentare.
Lorenzo Colombo