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Portinari

Quando la pianura dà grandi vini

Umberto e Maria Portinari

Nello scorso mese di giugno, a margine della terza edizione di Vulcania, ci siamo ritagliati un mezzo pomeriggio per visitare l’Azienda Portinari, a Brognoligo, una frazione di Monteforte d’Alpone.
Conoscevamo già alcuni dei vini aziendali, ma non avevamo ancora avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con chi questi vini produce, e dobbiamo dire che queste due ore, in compagnia di Umberto e Maria, sono volate, tra un buon numero d’assaggi, corredati dalle note produttive dei vini, e la ricostruzione da parte di Umberto, del percorso aziendale proiettato anche nel futuro.

Iniziamo quindi da alcuni dati aziendali:
L’Azienda Portinari gestisce quattro ettari di vigneto divisi in due appezzamenti, il Rochetto, situato nella zona Classica, e l’Albare, situato in pianura nella zona orientale della denominazione, quasi ai confini con il Gambellara.
L’azienda, prettamente familiare, è gestita in toto da Umberto Portinari e dalla figlia Maria, e solamente in fase di vendemmia si avvale di ulteriore manodopera. La produzione annua è di circa 30mila bottiglie -il sessanta percento delle quali venduto all’estero- suddivise in tre tipologie di Soave (Albare, Ronchetto e Santo Stefano), un Recioto di Soave, un Igt Passito ed uno spumante metodo Charmat, ed è appunto questo il primo vino che andiamo ad assaggiare.

Perladoro: spumante metodo Charmat lungo (circa 9 mesi), prodotto con uve Chardonnay provenienti dal vigneto Albare, vendemmiate a fine luglio.
Il colore è giallo dorato di buona intensità, luminoso; bella l’effervescenza nel bicchiere. Al naso note di lieviti, leggera tostatura, frutto giallo (pesca). Tostato alla bocca, con spiccata vena acida (quasi citrino), di media struttura e buona persistenza. L’abbiamo preferito al naso. In definitiva un vino non molto complesso, anche se in alcuni tratti ricorda un metodo Classico, ed è appunto questo il passo successivo a cui vorrebbe arrivare Umberto. 82/100

Albare e Ronchetto

Si passa quindi ai Soave, iniziando dal Soave Doc “Ronchetto” 2009, Garganega in purezza -vitigno nel quale Umberto crede molto, ed utilizzato in tutti i Soave aziendali- proveniente dai vigneti di Brognoligo, nella zona classica, su suoli vulcanici. “Mi piacciono i vini che durano nel tempo –dice Umberto– per questo motivo esco coi miei l’anno successivo, anche a scapito delle richieste del mercato. Noi infatti non abbiamo l’idea di “mercato”, i vini vengono concepiti come piacciono a noi”.
Il vino ha un color giallo dorato luminoso. Leggermente affumicato al naso, fresco, minerale, elegante, con sentori d’erbe officinali. Dotato di discreta struttura, sapido e minerale, elegante, equilibrato, lunga la persistenza. 85-86/100

Prima di affrontare il vino successivo, l’Albare, occorre ricostruirne la particolare storia:
Il vigneto Albare, impiantato nel 1985 su suoli alluvionali, argillosi, “anche se ad una profondità di circa due metri si trova uno strato ciottoloso basaltico, che conferisce un gusto particolare ai vini” -dice Portinari– quel gusto che ricorda ancora l’ha colpito tantissimo nell’annata 1994peccato non ci siano più bottiglie”.
In questo vigneto, dove le viti, allevate a pergola monolaterale, con una distanza tra i filari di quattro metri (avete letto bene), poiché “il problema della Garganega sta nel contenerne la produttività, ora produciamo circa 100 q.li /ha, ma trent’anni fa si arrivava anche a 350 q.li/ha ed inoltre non va costretta in piccoli spazi”, ha dapprima sperimentato, -avvalendosi della collaborazione dell’Istituto di Conegliano, nella figura del Prof. Carniello, direttore dell’Istituto- e quindi utilizzato in toto il sistema di “doppia maturazione ragionata”, che prevede il taglio, a circa metà lunghezza, del tralcio produttivo, lasciando i grappoli in pianta. In questo modo si ottengono due diverse maturazioni del frutto: la parte rimasta connessa alla pianta va in surmaturazione, mentre quella ormai scollegata appassisce. Successivamente viene effettuata la vendemmia contemporanea delle due tipologie di grappoli, che vengono quindi vinificati.
Questa pratica è ormai consolidata, tanto che il Cru Albare viene prodotto in questo modo sin dal 1994.
Che sia o meno metodo di questa particolare maturazione, sta di fatto che questo vino ottiene sempre più spesso notevoli apprezzamenti, sia da parte dei consumatori che dalla critica enologica – Umberto ricorda a tal proposito un vecchio articolo scritto da Luigi Veronelli sull’Espresso relativo all’Albare “Non è un vino “gabbadeo””, scriveva il grande Gino, e consultando un vecchio dizionario -Novissimo Dizionario della lingua italiana “Palazzi” seconda edizione 1957- troviamo, relativamente a questa parola ormai desueta “gabbacristiani, gabbamondo”-, e soprattutto ha dato prova di notevole longevità (vedi di seguito la nostra degustazione dell’annata 2002).
In realtà quella sopra descritta è solamente la sintesi del lungo percorso -iniziato nel 1992- che ha portato a questo vino, un percorso costellato da numerose sperimentazioni, con tagli del tralcio effettuati in diversi momenti della maturazione, sino ad arrivare alla formula attuale, che è comunque sempre legata all’andamento stagionale. “Le conoscenze vengono costruite anno per anno –dice Umbertoogni anno si aggiunge un nuovo tassello”.

Umberto Portinari

Soave Doc “Albare” 2009
Giallo dorato luminoso, di buona intensità. Sottile, delicato, di buona eleganza olfattiva, sentori di confetto, note floreali e leggeri accenni di miele. Morbido ed al contempo fresco alla bocca, sapido, decisamente minerale e molto armonico, si colgono sentori d’erbe officinali, buona la persistenza. 87/100

Nel ’97 Umberto, in virtù della favorevole annata, decide di lasciare qualche filare di garganega, del vigneto Albare, in pianta, e vendemmia queste uve solamente a fine novembre; nasce così il Santo Stefano, da vendemmia tardiva e vinificato in legno (tre o quattro barriques) “Era da un po’ che volevo provare a lavorare con le barriques”, dice Umberto. Di questo prodotto assaggiamo due annate in successione, assai diverse tra loro, con un 2006 –annata ora in commercio- fresco, vibrante, in piena forma ed un 2004 più evoluto, eccoli:

Soave Doc “Santo Stefano” 2006
Color giallo dorato, luminoso ed intenso. Decisamente interessante al naso, intenso, complesso, idrocarburico, elegante. Note sulfuree alla bocca, elegante e dalla lunga persistenza. Un prodotto notevole. 90/100

Soave Doc “Santo Stefano” 2004
Color giallo oro, intenso. Complesso al naso, sulfureo, con leggere note ossidative, elegante, non facile.
Idrocarburico al naso, di grande complessità, chiude leggermente amarognolo con una lunga persistenza. 87/100

Prima di passare ai vini passiti Maria ed Umberto ci fanno un graditissimo regalo, stappando un paio di vecchie bottiglie, e se la prima risente un poco dell’età, la seconda è all’origine di una grande emozione.

Soave Doc “Ronchetto” 2002
Giallo dorato luminoso. Tostato al naso (nocciole tostate), ossidativo.
Dotato di buona struttura, tostato, sapido, con buona vena acida. 84/100

Soave Doc “Albare” 2002
Giallo dorato luminoso. Fresco al naso, con accenni idrocarburici, sentori d’erbe officinali, di notevole eleganza. Discreta la struttura, fresco, con buona vena acida, ottimo l’equilibrio complessivo, lunga la persistenza. Un prodotto emozionante. 93/100

Passiti

Si chiude infine con i due passiti aziendali, l’Igt Bianco Veneto Passito “Anna Giulia” dal color oro-
ambrato, luminoso. Naso di grande complessità, ossidativo, si colgono sentori di frutta secca, miele, datteri, mallo di noci, elegantissimo. Dolce non dolce alla bocca, con ricordi di frutta secca, lunghissima la persistenza. Un grande vino. 90-91/100

Il nome del vino è quello della nipotina di Umberto, la figlia di Maria, ed il prodotto è concepito come un ritorno alla vecchia tradizione dei passiti di Soave, quella dei Vini Santi, ovvero mosto posto in contenitori larghi e bassi, rigorosamente scoperti, per favorire l’ossidazione, completata dal fil di lieviti che si forma in superficie, quindi travaso e tre anni di barriques sigillate, mai aperte. Ne risulta un vino dalla piacevolissima nota ossidativa ma assolutamente fresco.

Anche il Recioto di Soave Doc 2002 ha una storia particolare e burrascosa.
Bocciato per ben due volte durante la presentazione alla Camera di Commercio, con la seguente motivazione: “Anomalie alla vista, all’olfatto ed al gusto”, era stato nel frattempo insignito delle tre stelle (massimo riconoscimento) dalla Guida dei Vini di Veronelli, prima di essere ritenuto idoneo dalla commissione di Roma. Si tratta certamente di un prodotto atipico, se confrontato con la maggior parte dei Recioto di Soave, complesso ed affascinante. Anche noi diciamo chiaramente ad Umberto che in una situazione d’analisi in Camera di Commercio avremmo bocciato questo vino, e questo la dice lunga sul senso che ormai hanno queste commissioni, basate su uno schema mentale un poco fossilizzato su parametri ormai antiquati. Da notare, che mentre le commissioni bocciavano il vino lo stesso andava a ruba in Inghilterra.
Il vino si presenta con un color ambra intenso, quasi topazio, luminoso. Note di smalto al naso, leggermente pungente. Morbido alla bocca, un poco bruciante, sentori di rabarbaro e chinotto, lunga la persistenza. Un poco atipico. 87/100

Con quest’ultimo assaggio lasciamo Maria ed Umberto; è stata un gran bella esperienza, sia umana che dal punto di vista della qualità dei prodotti. “Ci sono eccellenze anche fuori dalla zona Classica” dice Umberto, e noi siamo pienamente d’accordo.
Lorenzo Colombo

Pubblicato in origine su www.vinealia.org il 25 novembre 2011

 

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  1. […] avevamo scritto nel 2011, quando eravamo stati in visita all’azienda ed al seguente link potete trovare tutte le informazioni relative a vini ed azienda, ci sembra quindi ridondante […]

  2. […] avevamo scritto qui nel 2011, quando eravamo stati lì in visita: oggi ci limitiamo a aggiungere che, rispetto ad […]

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