Solfiti o non solfiti? Questo è il dilemma
Durante l’evento Vi.Na.Ri. (Vignaioli Naturali Riuniti) tenutosi a Milano nei giorni 12 e 13 febbraio che per la prima volta ha visti riuniti in un’unica sede 150 produttori di vino appartenenti alle associazioni VinNatur (Natural Winemakers Association) e Vi.Te. (Vignaioli e Territori) abbiamo partecipato ad un’interessante degustazione (ormai si chiamano Masterclass) dal titolo SO2 – Il nodo dei solfiti.
Tre coppie di vini serviti completamente alla cieca, non veniamo informati né sulle tipologie, né sulle zone di produzione, sui vitigni, sulle annate ed ovviamente sui nomi dei produttori, nulla di nulla.
L’unica informazione in nostro possesso è che in ciascuna coppia di vini, che sono ovviamente della stessa annata, uno è stato prodotto senza aggiunta alcuna di solforosa mentre nell’altro ce né il quantitativo che il produttore ha ritenuto opportuno.
La solforosa, ovvero “Contiene solfiti”
“Contiene solfiti” è una tra le indicazioni obbligatorie da apporre sull’etichetta di un vino dal 25 novembre 2005, ne sono esentati quei vini che ne contengono meno di 10 mg/litro, ma sono assai pochi.
Prima d’allora non è che non ce ne fossero di solfiti nei vini, anzi in passato se ne utilizzavano molti di più, non essendoci le tecnologie attuali che danno la possibilità d’usarne di meno, l’utilizzo del freddo ad esempio, o la vinificazione in assenza d’ossigeno.
Quella scritta sulla bottiglia spaventa un poco coloro che s’accostano al vino e che non sanno che derivati dello zolfo vengono comunemente utilizzati in molti dei cibi che abitualmente consumiamo, solo che sui loro contenitori o sulle loro etichette non compare la famigerata scritta ma una ben più innocua (innocua ?) sigla che inizia con la lettera E maiuscola seguita da tre numeri i primi due dei quali sono 22 come ad esempio E220, E 221, eccetera, sino ad E228.
Queste sigle identificano infatti conservanti a base di Anidride Solforosa:
E220 Anidride Solforosa
E221 Solfito di Sodio
E222 Bisolfito di Sodio
E223 Metabisolfito di Sodio
E224 Metabisolfito di Potassio
E225 Solfito di Potassio
E226 Solfito di Calcio
E227 Bisolfito di Calcio
E228 Potassio Solfito Acido
E vi possiamo assicurare che spesso in alimenti ritenuti innocui i quantitativi di queste sostanze sono ben più elevati rispetto ai 200 mg/l di Anidride Solforosa ammessa come quantitativo massimo in un vino bianco, o ai 150 mg/l in uno rosso.
Per esempio nella frutta essiccata (albicocche, uvetta, prugne, pesche, fichi) si può arrivare sino a 2000 mg/kg.
Premesso che il vino senza solfiti non esiste, essendo l’Anidride solforosa (SO2) uno dei tanti prodotti della fermentazione alcolica (se ne può produrre sino a 20 mg/l, dipende dai lieviti), vediamo dunque perché si aggiungono i solfiti nel vino.
Senza entrare nei meandri della chimica la prima risposta l’abbiamo già data, ovvero perché servono a conservarlo.
Non è ovviamente l’unico scopo, infatti l’Anidride solforosa è anche un antisettico, ovvero impedisce il proliferare della flora batterica, è un antiossidante e di conseguenza protegge il vino dalle ossidazioni, è un solvente e quindi aiuta l’estrazione del colore dalle bucce.
Come si vede è piuttosto difficile farne a meno.

Angiolino Maule (Presidente VinNatur)
Però, come tutti i conservanti anche l’anidride solforosa è dannosa alla salute e quindi l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stabilisce il quantitativo massimo giornaliero assimilabile di questa sostanza tollerato dall’organismo umano che è pari a 0,7 mg per chilo di peso corporeo.
Una persona di 70 Kg di conseguenza ne potrebbe assumere 49 mg al giorno senza avere gravi conseguenza, il che corrisponde a circa mezza bottiglia di vino al giorno visti i quantitativi generalmente utilizzati nei vini di qualità.
Tutto questo non vale naturalmente per chi è allergico a questa sostanza.
Dopo questa lunga introduzione passiamo alla degustazione dei nostri vini, che è stata condotta da Samuel Cogliati.
Prima coppia: Vini n. 1 e 2
Campione n.1 – Color paglierino scarico.
Intenso al naso dove presenta leggeri accenni macerativi che rimandano alla mela.
Sapido, accenni macerativi, mela, lunga la persistenza.
Campione n.2 – Colore simile al precedente ma più intenso.
Meno intenso e più largo al naso, frutta gialla, più evoluto, accenni da distillato.
Dotato di buona struttura, sapido, presenta leggeri accenni piccanti.

Samuel Cogliati
Considerazioni: abbiamo trovato il primo dei due vini più fresco, anche se forse più semplice, mentre il secondo c’è parso un poco più evoluto.
I due vini ci sono parsi piuttosto diversi e la nostra preferenza va al campione numero 1.
Seconda coppia: Vini n. 3 e 4
Campione n.3 – Color granato scarico.
Discretamente intenso al naso, sentori di frutto rosso selvatico.
Fresco, sapido e succoso, con buona vena acida, bel frutto e lunga persistenza.
Campione n.4 – Color granato con tendenza all’aranciato.
Naso assai diverso dal precedente vino, più evoluto, con sentori di radici ed accenni di verdura.
Più intenso l’ingresso di bocca, con acidità più spiccata, meno equilibrato.
Considerazioni: anche in questa coppia la nostra preferenza va al primo vino, non molto complesso ma fresco e succoso, mentre il secondo c’è parso meno attrattivo in quanto a profumi e poco equilibrato alla bocca.

Pubblico
Terza coppia: Vini n. 5 e 6
Campione n.5 – Giallo oro, intenso e luminoso.
Intenso anche al naso, presenta note macerative ed a tratti da distillato, frutta gialla, accenni di canditi.
Strutturato, accenni piccanti, lunga la persistenza.
Campione n.6 – Meno intenso rispetto al precedente, presenta una leggera velatura e qualche sedimento.
Completamente diverso al naso, con spiccate note sulfuree.
Le note sulfuree si ritrovano anche alla bocca dove troviamo un vino poco attrattivo.
Considerazioni: per la terza volta preferiamo il primo tra i due campioni serviti, il secondo ha note sulfuree troppo evidenti ed uno squilibrio gustativo.

Accrediti
Ed ecco infine svelato cosa abbiamo degustato (i vini pari sono quelli senza solfiti)
Prima coppia: Toscana Igt “Fufluns Anfora” 2022 (Vermentino) – Fattoria Castellina
Seconda coppia: Etna Rosso Doc “Rossobrillo” 2020 (Nerello Mascalese) – Emilio Sciacca
Terza coppia: Veneto Igt “Sassaia” 2006 (Garganega) – La Biancara
Considerazioni finali: dopo aver scoperto quant’abbiamo degustato rimaniamo sempre più convinti che la solforosa è il male necessario per un vino.
Certamente meno se ne usa meglio è, ma in tutti i tre campioni prodotti senza la sua aggiunta abbiamo trovato qualcosa che non ci ha convinto, sia per quanto riguarda il colore, sia per quanto riguarda i profumi e l’evoluzione dei vini, più marcata in quelli senza solforosa aggiunta ed infine anche per quanto riguarda il loro equilibrio complessivo.
Ovviamente si tratta di una prova empirica e limitata, l’analisi andrebbe certamente approfondita, ma questo è quanto abbiamo potuto ricavare da questa interessante degustazione.
Lorenzo Colombo