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Antonella Corda ed il Vermentino in verticale

 

Foto tratta dal sito: https://en.wikivoyage.org/wiki/Sardinia

Si sa che le province in Italia hanno avuto ed hanno una storia tormentata, c’è stato un momento nel quale ci fu una proliferazione di esse, è poi seguita la loro cancellazione, anche se in verità si tratta di una cancellazione unicamente teorica.

Ma veniamo alla Sardegna, regione nella quale si trova l’azienda dei cui vini oggi andremo a scrivere.

Un tempo erano quattro le province in cui era suddivisa la regione: Cagliari, Sassari, Nuoro ed Oristano, poi, nel 2001, con una legge regionale ne furono create altre quattro, smembrando e ridisegnando le prime, nacquero così quelle di Olbia-Tempio, Ogliastra, Carbonia-Iglesias e Medio Campidano, portando il totale a otto.
Infine (o forse sarebbe più corretto dire “per ora”), il 4 febbraio del 2016, una nuova legge regionale ha di nuovo scombussolato le carte, cancellando quelle da poco istituite, ripristinando tre delle quattro originarie, istituendo la Città metropolitana di Cagliari e creandone, su parte del territorio  della sua ex provincia una nuova, quella del Sud Sardegna.

L’azienda di Antonella Corda si trova in quest’ultima, a Serdiana, poco più di una decina di chilometri a nord di Cagliari, una zona questa dove i suoli sono prevalentemente sabbiosi non mancando però argilla e limo e, in alcuni tratti, ciottoli.

Antonella, che proviene da una famiglia dedita alla viticoltura da cinque generazioni, ha costituito la sua azienda nel 2010, dopo aver condotto studi in agraria ed in gestione del sistema viti-vinicolo.
Dispone di 40 ettari, dei quali 15 a vigneto, 12 ad oliveto e gli altri a seminativo, due le parcelle, il vigneto Mitza Manna – il cui nome curiosamente significa Grande Sorgente, anche se “non c’è traccia d’acqua”, tiene a precisare Antonella– 6 ettari a 200 metri d’altitudine, i suoli sono marnosi, con importante presenza di calcare, dove si coltivano Vermentino e Nuragus e il vigneto Mitza S’ollastu dove si trovano Vermentino e Cannonau.
I suoli sono profondi e freschi, questo si traduce in una grande vigoria delle piante, che dev’essere quindi contenuta, i vigneti sono dotati d’impianto d’irrigazione goccia a goccia, utilizzabile in caso di prolungato stress delle piante, sono inerbiti e vi si pratica la lotta integrata ed il sovescio.
I primi reimpianti risalgono al 2009, sette ettari a Vermentino, seguono quindi, nel 2012 gli impianti di Cannonau (4 ettari) e di Nuragus (2 ettari) e quindi ancora Vermentino.
Nel 2013 inizia la costruzione della nuova cantina e dall’annata 2016 escono i primi vini a marchio Antonella Corda.

Sono quattro i vini prodotti: Vermentino e Cannonau di Sardegna, Nuragus di Cagliari e l’Isola dei Nuraghi “Ziru”.

Antonella ci ha proposto una verticale delle ultime quattro annate del suo Vermentino -le uve per la produzione del quale provengono dal vigneto Mitza Manna– in modo da poterne verificare, oltre alla qualità, anche la sua durata nel tempo.
La degustazione, in collegamento video tramite Zoom, si è tenuta mercoledì 9 dicembre, oltre ad Antonella erano presenti Luca D’Attoma, l’enologo che dal 2016 segue l’azienda e Andrea Carpi che si occupa della commercializzazione dei vini.

La verticale di Vermentino di Sardegna:

Da uve Vermentino in purezza, provenienti da vigneti allevati a Guyot con densità di 4.545 ceppi/ettaro, vinificato ed affinato per sei mesi in vasche d’acciaio sulle fecce.

 – 2019
Il colore è paglierino-verdolino luminoso.
Intenso al naso, fresco, minerale e verticale, con frutta fresca a polpa bianca in primo piano, presenta leggeri accenni sulfurei e note di fieno.
Intenso e fresco alla bocca, con acidità quasi tagliente, verticale, sapido, agrumato (pompelmo) e fruttato (frutta a polpa bianca, mela), lunga la sua persistenza.

 – 2018
Color paglierino scarico con riflessi verdolini.
Intenso al naso, fresco e minerale, s’evidenzia la frutta a polpa bianca matura con leggeri accenni d’idrocarburi e di fieno.
Fresco, sapido e succoso, mediamente strutturato, con bella vena  acida, agrumato, quasi citrino, lunga la sua persistenza.

 – 2017
Paglierino luminoso, con riflessi verdolini.
Intenso ed ampio al naso, elegante e complesso, minerale, si colgono sentori d’agrumi maturi, pesca bianca, pera, note floreali, ed accenni idrocarburici e di sassi bagnati.
La nota minerale è netta, si direbbe un vino roccioso, fresco e verticale, eleganti le sue note idrocarburiche, lunga la persistenza.
Un vino che, assaggiato alla cieca, potrebbe benissimo essere confuso con un Riesling.
Notevole la sua qualità, è quello che in assoluto abbiamo preferito.

 – 2016
Il colore, giallo paglierino luminoso con riflessi dorati, diverso dai vini precedenti, lo identifica già come il più vecchio della batteria.
Anche al naso si coglie la differenza dagli altri vini, ampio, con sentori di frutta gialla matura e note tropicali, erbe officinali, fieno secco, camomilla, confetto, note d’idrocarburi.
I sentori idrocarburici (kerosene) sono evidenti anche alla bocca, il vino è più grasso del precedente, sapido, con leggeri accenni un poco piccanti, non manca comunque di freschezza agrumata, la lunga persistenza chiude leggermente amaricante su note mandorlate.

Alcune considerazione sui vini assaggiati:

Appare subito evidente il filo conduttore che, al di là delle diverse annate e di conseguenza della differente età dei vini, accomuna i vini, in realtà si tratta di diversi fils rouges.
In primis è nettissima la loro verticalità (con un gioco di parole l’avremmo definita una verticale di vini verticali), la mineralità è un’altra caratteristica che li accomuna, come pure la freschezza acida, quasi tagliente e la nota sapida; difficilmente li avremmo collocati in una zona così a Sud, tanto sembrano nordici.
Altra associazione è data dall’elegante nota idrocarburica che già dal secondo anno dalla vendemmia caratterizza i vini e che s’amplifica, senza però mai diventare invadente, col passare degli anni.

Arriviamo ora alle nostre opinioni sui quattro vini, che ovviamente sono soggettive:

L’annata che in assoluto abbiamo preferito è stata la 2017, abbiamo infatti trovato un vino completo e complesso, al massimo delle sue potenzialità, un grande vino.
A seguire la 2019, il vino pecca un poco di gioventù, ma crediamo che il suo potenziale sia assai elevato e che tra un paio d’anni possa competere, o magari superare, il vino del 2017.
Per quanto riguarda il vino del 2016, l’abbiamo trovato più grasso e più evoluto rispetto al 2017, complesso nelle sue note che iniziano a terzializzare, senza per questo perdere in eleganza.
Infine il 2018, dove il frutto è più maturo rispetto al 2019 e ne risente –seppur impercettibilmente- la freschezza. Sia chiaro, stiamo comunque parlando di sfumature.

Dopo questa batteria di Vermentino andiamo ad assaggiare l’Igt Isola dei Nuraghi “Ziru” dell’annata 2018, un vino completamente diverso dai precedenti, prodotto per la prima volta con l’annata 2017.
Iniziamo dal nome che deriva dal contenitore nel quale si conservava un tempo sia l’olio che il vino, una giara in ceramica.
Prodotto con uve Vermentino anch’esse provenienti dal vigneto Mitza Manna, raccolte a fine agosto, segue una macerazione sulle bucce per circa tre settimane, il mosto viene quindi posto a fermentare in anfore di terracotta dove rimane per 24 mesi.
Non viene praticata alcune filtrazione prima dell’imbottigliamento.
Le bottiglie prodotte sono stata 2.000, mentre la prima annata di produzione è stata la 2017.

Il colore è giallo paglierino con riflessi dorati.
Elegante e complesso al naso, dove  presenta accenni di buccia di mela e d’uva, frutto giallo, papaia e melone maturo, accenni d’erbe officinali e di fiori secchi.
Strutturato, sapido e succoso, minerale, idrocarburico, asciutto, con accenni tannici e lunga persistenza dove chiude su note mandorlate (mandorla amara) e leggermente vegetali.

Antonella Corda ed il suo staff

Da qualche anno a questa parte molti produttori, seguendo l’esempio partito dal Friuli e dalla Slovenia, si stanno cimentando con i vini macerati (i cosiddetti Orange Wines), non sempre (anzi raramente) ottenendo risultati degni di nota, con vini che in buona parte perdono sia la connotazione territoriale come pure quella del vitigno. In pratica vini spesso caricaturali.

Non è il caso dello Ziru, dove Antonella e Luca D’Attoma hanno adottato questa tecnica senza strafare, in modo diremmo delicato.
Ecco quindi che il vitigno è chiaramente identificabile in questo vino e, seppur con caratteristiche differenti, rispetto alla classica vinificazione in bianco ed in acciaio, le note minerali e sapide del Vermentino vi si ritrovano tutte.

Ultima annotazione riguarda i tappi utilizzati, Diam nel caso dei Vermentino di Sardegna e sughero monopezzo per quanto riguarda lo Ziru.
Lorenzo Colombo

http://www.antonellacorda.it/