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Aymavilles: aziende, vitigni e suoli

Aymavilles è un comune che conta circa 2.000 abitanti, situato a circa 650 metri d’altitudine a pochi chilometri ad ovest d’Aosta.
Vi si trovano alcuni importanti monumenti storici tra i quali sono d’annoverare il Castello risalente al XIII secolo ed il Pont d’Aël, ponte-acquedotto costruito dai romani nel 3 a.C.

Con 38 ettari di vigne Aymavilles è il comune più vitato della Valle d’Aosta, poco meno di un decimo della superficie vitata regionale, qui si ritrovano ben 12 diversi profili geologici e la piovosità è bassissima -la Valle d’Aosta è la regione meno piovosa d’Italia con una precipitazione media annuale di 540 mm (nel 2022 ce ne sono stati sinora unicamente 249 mm).

Ad Aymavilles hanno sede tre aziende vitivinicole, Les Crêtes, la Cave des Onze Communes e, ultima nata, l’azienda Didier Gerbelle.

Il convegno

Gli scorsi 11 e 12 novembre si è tenuto un Press Tour alla scoperta dei vini e dei territori valdostani con un focus su Aymavilles.

Presso l’azienda Les Crêtes si sono tenute due relazioni, la prima, condotta dal ricercatore, ampelografo e scrittore di storia della viticoltura Rudy Sandi riguardava il terroir vitivinicolo valdostano e nello specifico i suoli areale di Aymavilles, mentre l’intervento di Giulio Moriondo, impiegato per molti anni presso l’Institut Agriccole Régional di Aosta ed attualmete docente di scienze naturali presso un liceo di Aosta aveva come argomento i vitigni autoctoni valdostani, e nello specifico il Blanc Comun, il  Neret ed il Fumin.

I vini degustati

Il terroir viticolo valdostano e i suoli di Aymavilles
Il suolo della Valle d’Aosta ha origine dallo scontro tra tre diverse placche tettoniche, l’antico continente europeo, un antico bacino oceanico ed il continente africano, questo fa sì che nell’arco di una settantina di chilometri si trovino una grande varietà e complessità di suoli.
La maggior parte dei vigneti valdostani sorgono su suoli originati dalla disgregazione delle antiche rocce di queste antiche placche tettoniche, la parte rimanente dei suoli è invece costituita da depositi alluvionali, fluvioglaciali e morenici formatosi dalla azione disgregatrice di torrenti e ghiacciai.
Inoltre ci sono gli accumuli dati dalle antiche frane avvenute nel corso di milioni d’anni.

Nel territorio di Aymavilles troviamo diverse tipologie di suoli, alluvionali/detritici o formatisi per erosione delle rocce cristalline (micacisti) presenti nel sottosuolo.
Alta tipologia di suolo è data dagli affioramenti di calcescisti friabili, la roccia madre del sottosuolo di questa zona  è originata infatti dalla placca tettonica di un antico oceano sul cui fondo si accumulavano sedimenti trasportati da grandi frane sottomarine provenienti dal bordo delle scarpate continentali.
Altra tipologia di suolo è quello situato nella zona centrale della DOC Torrette che è caratterizzato da depositi alluvionali e da distese moreniche di deposito glaciale lasciato nel Pleistocene dopo il ritiro dei ghiacciai.

I vitigni
Se riguardo al Fumin si trovano abbastanza informazioni, ce ne sono assai meno riguardo al Neret e non esiste quasi nulla in merito al Blanc Comun (o Blanc Commun), su quest’ultimo vitigno le notizie sono infatti scarsissime, viene menzionato nei primi anni del Novecento dall’ampelografo francese Adrien Berget che però lo identifica erroneamente con il Blanc du Valdigne (Blanc de Morgex), vitigno quest’ultimo diverso dal Prié Blanc.
Parrebbe che il vitigno fosse ampiamente diffuso in tutta la valle sino al XIX secolo per poi improvvisamente sparire (fillossera?) ad inizio Novecento e d’allora nessun autore l’ha più menzionato.

Neret
Le prime citazioni che riguardano questo vitigno sono ad opera di Lorenzo Francesco Gatta che lo menziona e descrive nel 1838, distinguendone tre diverse tipologie: Neret Rare, Neret Gros e Neret Picciou Serré.
Si deve però giungere al 2007 quando i sopra citati Giulio Moriodo e Rudy Sandi, unitamente al genetista José Vouillamoz scoprono dieci ceppi di questo vitigno sopravvissuti chissà come e tramite l’analisi del DNA lo associano al Neret Picciou Serré citato dal Gatta.
Sempre secondo le analisi effettuate si è giunti alla conclusione che il Neret ha una certa parentela con un altro vitigno valdostano, ovvero il Petit Rouge.
Nel 2010 Didier Gerbelle ha messo a dimora un piccolo vigneto con questo vitigno e nel 2013 sono state prodotte le prime bottiglie.

Maggior informazioni si hanno sul Fumin, antico vitigno a bacca rossa valdostano che ha rischiato l’estinzione nel periodo tra le due guerre mondiali.
Si tratta di un vitigno rustico che si pensava imparentato con la Freisa, cosa smentita dalle analisi del DNA che hanno invece evidenziato un legame col Petit Rouge.
E’ diffuso unicamente in Valle d’Aosta dove nel 2016 se ne contavano una ventina d’ettari facendone il secondo vitigno a bacca rossa per diffusione dopo il Petit Rouge.
Ne passato veniva utilizzato principalmente in assemblaggio con altri vitigni.

Le aziende

Les Crêtes
Les Crêtes è un’azienda storica valdostana, infatti già dal 1750 i Charrère producevano uva e vini.
Attualmente l’azienda dispone di una trentina d’ettari di vigneti estremamente parcellizzati, collocati tra i 600 ed i 1.000 metri d’altitudine e distribuiti su nove diversi comuni anche se la quota più importante è quella situata accanto alla cantina, sulla collina che dà nome all’azienda.
Vi si coltivano sia vitigni autoctoni come Petit Rouge, Fumin, Petite Arvine, Cornalin, Mayolet, Prëmetta, Picotendro (Nebbiolo), che varietà internazionali (Merlot, Pinot Noir, Pinot Gris, Chardonnay, Syrah con una densità d’impianto di circa 8.000 ceppi/ettaro, la produzione annua è di circa 200.000 bottiglie.

Didier Gerbelle
L’azienda vitivinicola Didier Gerbelle è di recente costituzione, nasce infatti nasce nel 2006 anche se la famiglia gestiva vigneti sin dall’inizio del XX° secolo.
Didier, appena diplomatosi enotecnico nel 2006 rileva l’azienda condotta prima dai nonni paterni e poi dai genitori e decide di vinificare in proprio le uve dei 2,8 ettari di vigneto di proprietà.
I vigneti sono situati nei comuni di Aymavilles e Villeneuve, vi si coltivano Petit Rouge, Cornalin (biotipo Broblanc), Premetta e Fumin a bacca rossa e Pinot Grigio e Gewurztraminer a bacca bianca.
Il sistema d’allevamento è a Guyot e la produzione annuale è di circa 15.000 bottiglie.

Cave des Onze Communes
La Cave des Onze Communes è un’azienda nata nel 1990 dall’unione in cooperativa di 86 soci.
Attualmente i soci sono 160 e gestiscono un totale di 63 ettari di vigneti estremamente parcellizzati, collocati tra i 550 e gli 850 metri d’altitudine e distribuiti su undici comuni.
La produzione annuale è di 500.000 bottiglie suddivise su ben 26 etichette delle quali 22 sono vini a denominazione DOC Valle d’Aosta, tre vini da tavola e uno vino spumante.
La gamma comprende vini bianchi, un rosato e un moscato passito, e vini rossi affinati in acciaio, legno e pietra.
Questi ultimi vanno a costituire l’alta gamma aziendale, si tratta di Petite Arvine e Torrette Superiore, vinificati ed affinati per dieci mesi in vasche di granito del Monte Bianco e che, una volta imbottigliati s’affinano per dodici mesi nelle ex miniere di magnetite di Cogne, le miniere più alte d’Europa ad oltre 2000 mt. di quota ad una temperatura costante di 6°C.

Al termine delle relazioni abbiamo potuto assaggiare alcuni vini prodotti dalle tre aziende situate ad Aymavilles, ovvero di Didier Gerbelle abbiamo degustato il Revance 2020 – Vino bianco da uve Blanc Commun, e due annate del rosso L’Ainé, da uve Neiret vinificate in purezza, sia il vino dell’annata 2019 che quello del 2018, sono stati affinati in anfora ed in carati di legno.

La Cave des Onze Communes ha presentato tre vini affinati a 2.000 metri d’altitudine nel locale della polveriera all’interno delle miniere di Cogne.
Abbiamo così potuto assaggiare il Vin des Mineurs, il Petite Arvine  “Miniera” ed il Torrette Superiore “Miniera”.

Mentre l’azienda Les Crêtes ha proposto una verticale di tre annate di Fumin, 2020, 2017 e 2003 con quest’ultimo vino ancora in forma smagliante seppur con quasi vent’anni sulle spalle.
Lorenzo Colombo

Nota: purtroppo a causa di un problema allo smartphone quasi tutte le foto scattate durante l’evento sono andate perse.
Di conseguenza la maggior parte di quelle pubblicate ci sono state gentilmente girate da Andrea Li Calzi (che ringraziamo), anche lui presente all’evento.