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Les Crêtes, miniverticale di Fumin

L’azienda Les Crêtes si trova ad Aymavilles ed è un’azienda storica valdostana, infatti già dal 1750 i Charrère producevano uva e vini.
Attualmente dispone di una trentina d’ettari di vigneti estremamente parcellizzati, collocati tra i 600 ed i 1.000 metri d’altitudine e distribuiti su nove diversi comuni anche se la quota più importante è quella di Aymavilles, situata accanto alla cantina, sulla collina che dà nome all’azienda.
Vi si coltivano sia vitigni autoctoni come Petit Rouge, Fumin, Petite Arvine, Cornalin, Mayolet, Prëmetta, Picotendro (Nebbiolo), che varietà internazionali (Merlot, Pinot Noir, Pinot Gris, Chardonnay, Syrah) con una densità d’impianto di circa 8.000 ceppi/ettaro, la produzione annua è di circa 200.000 bottiglie.

Les Crêtes è stata la prima azienda a produrre il Valle d’Aosta Doc Fumin in purezza nel 1993.
Le uve provengono dai vigneti di La Tour e Les Cretes, ad Aymavilles, le vigne hanno 15 anni d’età e sono situate su un suolo morenico, sabbioso, con forti pendenze, con un’esposizione a Nord/Ovest e Sud ad un’altitudine di 650 metri sul livello del mare.

Il vitigno
Il Fumin e il secondo vitigno, dopo il Petit Rouge, in quanto a diffusione in Valle d’Aosta, si tratta di un’uva a maturazione tardiva e richiede di conseguenza un’ottima esposizione per maturare correttamente, soprattutto in annate sfavorevoli.

Fumin (foto tratta da wein.plus)

E’ sempre stato utilizzato come vitigno d’assemblaggio insieme ad altri per conferire ai vini struttura, acidità e colore e, per lungo tempo la sua vinificazione in purezza è stata sconsigliata a causa della sua “rusticità” e mancanza di “finezza”.
Così era perlomeno nel passato.
Oggi diverse aziende lo vinificano in purezza gestendolo con affinamenti prolungati, sia in acciaio come in botti di legno.

Le prime informazioni su questo vitigno risalgono all’inizio del 1800, quando Lorenzo Gatta lo localizzò in cinque “circondari vitiferi” della media ed alta Valle d’Aosta.
Il Gatta ne individuò due tipologie e trovò un’analogia con il Freisa, successivamente anche Louis Napolèon Bich accennò a due diverse tipologie.

Zona di produzione (mappa tratta dal sito del Consorzio Vini Valle d’Aosta)

Molto più recentemente, ovvero negli anni Sessanta del Novecento, sia Giovanni Dalmasso che Luigi Reggio smontarono l’analogia con il vitigno piemontese e, sia lo stesso Dalmasso come pure Giuseppe Dell’Olio ne sconsigliarono la coltivazione.

Il vitigno è stato inserito nel Catalogo nazionale delle Varietà di Vite nel 1970, attualmente è diffuso sia nella bassa valle come nella zona di Aymavilles dove si trovano i vigneti più vecchi.

La degustazione
Sono tre le annate che abbiamo degustato, dalla più recente, ovvero la 2020, in verità ancora troppo giovane, passando alla 2017 dove pensiamo che il vino s’esprima con maggior completezza ed infine un passo indietro di vent’anni per testarne la longevità.

La fermentazione si svolge in vasche d’acciaio, il vino matura quindi per 12 mesi in botti da 300 litri di rovere francese ai quali seguono sei mesi d’affinamento in bottiglia.

2020 – Profondo il colore, quasi nero, unghia violacea.
Mediamente intenso al naso, frutto a bacca scura, note balsamiche, sentori di radici e corteccia.
Strutturato ed asciutto, con tannino deciso, sentori di radice di liquirizia e di liquirizia forte, accenni vegetali, lunga la sua persistenza.
Ancora molto giovane.

 – 2017 – Color rubino, profondo e luminoso.
Di media intensità olfattiva, presenta accenni balsamici e leggeri accenni di legno dolce, buona la sua eleganza.
Discretamente strutturato, asciutto, con buona vena acida, sentori di liquirizia, lunga la sua persistenza e buona l’eleganza.

 – 2003 – Il colore si presenta ancora rubino a distanza di vent’anni.
Media la sua intensità olfattiva e notevole l’eleganza, si colgono sentori di sottobosco, radici, cuoio, note balsamiche, leggerissima pungenza.
Di media struttura, buono il frutto, liquirizia, lunga la persistenza.
E il vino che maggiormente ci ha colpiti, a distanza d’ vent’anni si presenta ancora in forma smagliante.
Lorenzo Colombo

Nota: le foto delle bottiglie sono di Andrea Li Calzi che sentitamente ringrazio.