Coradazzi ed il Prosciutto di San Daniele
Un percorso lungo (almeno) 13 mesi
E’ di almeno 13 mesi il tempo trascorso tra queste due fotografie, nella prima si vede l’operazione di pressatura, che in pratica è l’inizio del percorso che le cosce, giunte presso il prosciuttificio, debbono seguire prima di giungere alla marchiatura, dopo di che il prosciutto Dop di San Daniele può essere finalmente commercializzato.
Ma partiamo dall’inizio.
Il Prosciutto di San Daniele ha ottenuto il riconoscimento della DOP (Denominazione d’Origine protetta) nel 1996, il suo disciplinare di produzione è piuttosto rigido ed interessa tutte le fasi della lavorazione, a partire dalla materia prima, ovvero le cosce che andranno a costituire i prosciutti.
Queste debbono obbligatoriamente provenire da allevamenti situati in dieci regioni del nord e centro Italia e la macellazione dei maiali può essere fatta unicamente in 45 macelli autorizzati.
Le razze di maiali più utilizzate sono Large White, Landrace e Duroc italiana, l’età minima alla macellazione è di nove mesi ed il peso medio dev’essere di circa 160 Kg.
Verso la fine del mese d’agosto abbiamo avuto la possibilità d’approfondire la conoscenza di quest’eccellenza italiana visitando un prosciuttificio, uno del 31 che fanno parte del Consorzio Prosciutto di San Daniele, fondato nel 1961 con lo scopo di salvaguardare la tipicità e diffondere sia la conoscenza che il marchio del Prosciutto di San Daniele.
Il prosciuttificio che abbiamo visitato è uno di quelli piccoli, gestito dalla famiglia Coradazzi da tre generazioni, un’azienda che lavora 250 – 300 cosce a settimana contro le oltre 3.000 delle aziende più grandi.
Nato nel 1976 è attualmente gestito dai fratelli Angelo e Teresa Coradazzi che ci hanno guidati attraverso tutti gli ambienti dove vengono svolte le varie operazioni, ovviamente le lavorazioni erano ferme, non potendo essere effettuate mentre sono in corso visite.
Il prosciuttificio Caradazzi ha ottenuto l’ambito riconoscimento del Gambero Rosso come “Miglior Prosciutto di San Daniele” ed esporta circa il 30% della produzione.
Qui tutto si svolge in maniera artigianale e manuale, applicando un disciplinare interno ancor più rigido rispetto a quello ufficiale.
Le cosce provengono da tre fornitori fidati, debbono avere un peso variabile tra i 12,5 ed i 17,7 Kg (come da disciplinare) e provenire da maiali macellati al raggiungimento dei 10-11 mesi d’età.
La prima operazione consiste nel controllo delle cosce – quelle ritenute non idonee vengono scartate- segue la pre-marchiatura, riportante la data d’inizio delle lavorazioni e quindi la loro rifilatura.
Si passa quindi all’operazione di salatura, utilizzando unicamente sale marino italiano la cui quantità varia da coscia a coscia in base all’esperienza dell’operatore, vengono quindi poste in un apposito ambiente la “cella del sale” dove c’è una bassa temperatura ed un elevato grado d’umidità, qui rimangono all’incirca per un tempo stimato in un giorno per ciascun chilo di peso della coscia.
Dopo di che vengono pressate per conferire loro la caratteristica forma piatta (a chitarra) che ha il Prosciutto di San Daniele, questa operazione serve inoltre a far fuoruscire l’eventuale sangue residuo dalle cosce.
Dopo essere state massaggiate le cosce vengono trasferite nella “cella di riposo”, dove rimangono, a bassa temperatura e ad umidità costante per 3-4 mesi.
Le cosce vengono poi lavate con acqua tiepida per eliminare ogni residuo di sale e quindi fatte asciugare per circa una settimana, segue un periodo di post-asciugatura in appositi ambienti, della durata di un paio di mesi, dove le cosce sostano ad una temperatura di circa 15°C.
E’ ora giunto il momento della stagionatura, prima della quale però le cosce debbono essere “stuccate”, per questa operazione s’utilizza un composto formato da grasso di maiale (sugna), farina di riso e sale, col quale si cosparge la parte della coscia non ricoperta dalla cotenna.
Sono ormai trascorsi circa sette mesi dall’arrivo delle cosce al prosciuttificio ed è giunto il momento di porle nel locale di stagionatura, dove, tempo permettendo, ci si avvale anche dell’aria naturale di San Daniele, tramite l’apertura delle finestre.
Dopo altri cinque mesi viene effettata una seconda stuccatura e quindi le cosce tornano nel locale di stagionatura, qui debbono rimanere sino al periodo stabilito dal disciplinare di produzione, ovvero 13 mesi dall’inizio delle lavorazioni, ma l’azienda Coradazzi prolunga questo periodo sino ad un minimo di 16 – 20 mesi.
Siamo alla fase finale, ovvero la marchiatura con il contrassegno del Consorzio, prima di questa operazione i prosciutti vengono però controllati, sia fisicamente che organoletticamente, e quelli ritenuti non idonei non passeranno la selezione per diventare Prosciutto di San Daniele Doc (alla Coradazzi lo “scarto”, ovvero quelle ritenute non idonee, è di circa il 2%-3%.
Dopo di che il Prosciutto di San Daniele Dop è finalmente pronto per essere commercializzato.
Lorenzo Colombo