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Aquila del Torre

L’azienda

Fondata all’inizio del ‘900 da Giovanni Sbuelz, l’azienda Aquila del Torre è stata acquistata nel 1996 da Claudio Ciani ed è attualmente gestita dal figlio Michele.
Due accenni che riguardano il nome dell’azienda, l’Aquila è il simbolo che appare sulla bandiera della regione Friuli-Venezia Giulia, mentre Torre è il nome del fiume -affluente dell’Isonzo- che scorre nei pressi di Savorgnano.

Gli 84 ettari aziendali sono situati sulle colline prospicienti Savorgnano del Torre, frazione del comune di Povoletto nella parte più settentrionale della denominazione Friuli Colli Orientali, zona questa che ha un clima più fresco, con maggiori escursioni termiche e maggior piovosità rispetto al resto della denominazione.
Il suolo è il tipico “flysch” che caratterizza questo territorio, composto da strati di arenarie, marne, calcare ed argille.
I diciotto ettari di vigneti, suddivisi in sedici parcelle, s’estendono su piccoli terrazzamenti su tre colline piuttosto scoscese, formando una specie d’anfiteatro naturale.
I vigneti più vecchi risalgono agli anni sessanta del secolo scorso, da queste vigne nei primi anni 2000 sono state prelevate le marze per la ricostruzione dei vigneti, mentre nel 2011 sono stati aggiunti altri impianti con varietà aromatiche a bacca bianca.
I vitigni a bacca rossa, Merlot e Refosco dal peduncolo rosso sono disposti a giropoggio con esposizione Sud, mentre quelli a bacca bianca guardano ad Est per quanto riguarda il Sauvignon blanc ed a Ovest per il Friulano, nella parte più alta delle colline troviamo invece Riesling e Picolit.
La maggior parte dei vigneti sono condotti a Guyot con densità d’impianto di 5.000 ceppi/ettaro.
L’azienda che nel 2013 ha ottenuto la certificazione biologica utilizza pratiche biodinamiche nei propri vigneti, dispone inoltre di 300 piante d’ulivo e di sessanta ettari di bosco che circondano vigne ed uliveto. I vigneti sono inerbiti con varie essenze che poi vengono utilizzate per il sovescio.

In cantina ogni singola parcella viene vinificata separatamente utilizzando lieviti indigeni ed in alcuni casi vengono utilizzati contenitori alternativi, ad esempio le uova di cemento alimentare non vetrificati da 17 ettolitri sia per la fermentazione che per l’affinamento del Friulano.
Inoltre anche le tecniche di cantina sono a volte anticonvenzionali, come ed esempio la fermentazione malolattica che viene svolta su (quasi) tutti i vini bianchi, per la tappatura s’utilizzano sugheri compositi della DIAM nelle diverse porosità in base al vino che vanno a proteggere, la produzione annuale è di circa 60.000 bottiglie delle quali il 75% circa di vini bianchi, suddivise su nove diverse etichette.

I vini degustati

In collegamento con il proprietario, Michele Ciani, tramite la piattaforma Zoom abbiamo avuto la possibilità di assaggiare tre dei vini prodotti dall’azienda Aquila del Torre, due vini bianchi ed uno rosso.
Dei vini bianchi diciamo subito che si tratta di prodotti non convenzionali, ovvero chi si dovesse accostare a questi vini pensando di trovarvi l’immediatezza delle caratteristiche organolettiche date dai rispettivi vitigni si troverebbe un poco spiazzato.
Sia chiaro, non stiamo dicendo che la tecnica produttiva vada a coprirne le caratteristiche basilari, ma che queste caratteristiche vadano ricercate pazientemente. Si tratta di vini che danno il meglio di sé dopo un’opportuna attesa, sia in bottiglia come nel bicchiere, dopo si che verranno le soddisfazioni.
Ulteriore raccomandazione è quella di non servirli troppo freddi, la bassa temperatura ne andrebbe infatti ad attenuare le caratteristiche organolettiche.

 – Friuli Colli Orientali Friulano “At” 2019

I vigneti, con inerbimenti spontanei o tramite semina, sono costituiti da piccole particelle circondate da boschi e sono collocati su terrazze situate tra i 200 ed i 300 metri d’altitudine sui tipici suoli costituiti da Flysch, il sistema d’allevamento è a Guyot con densità di 5.000 ceppi/ettaro, l’età delle vigne è di 15 anni e la loro disposizione è a semicerchio, da Ovest a Sud-Est.
Fermentazione ed affinamento si svolgono in uova di cemento dove il vino sosta sui lieviti per nove mesi, non viene effettuato alcun controllo della temperatura, lasciando che per questo se ne occupi il contenitore e viene favorita la fermentazione malolattica.
Le bottiglie prodotte annualmente sono 10.000.

Color paglierino di buona luminosità.
Discretamente intenso al naso dove cogliamo sentori d’erbe aromatiche, frutto giallo maturo, pera, mela, ananas, nespole.
Dotato di buona struttura, sapido presenta accenni vegetali ed agrumati e sentori di buccia d’uva uniti a leggere note lievemente pungenti, chiude leggermente amaricante con buona persistenza.

 – Friuli Colli Orientali Bianco “At Oasi” 2018

Prodotto da uve Picolit provenienti da vigneti di 14 anni d’età collocati tra i 175 ai 300 metri slm con esposizione Sud, Sud-Ovest.
La fermentazione viene effettuata tramite utilizzo di lieviti indigeni, in barriques di rovere francesi usate dove poi il vino sosta in affinamento sui propri lieviti per dodici mesi.
Solamente 1.200 le bottiglie prodotte.

Color giallo paglia di buona intensità.
Intenso ed elegante al naso, presenta interessanti sentori di miele, fiori gialli, fiori di tiglio, confetti.
Strutturato, sapido, con accenni piccanti che rimandano al pepe bianco, sentori di buccia di mela, melone giallo, mandorle, lunga la persistenza.
Un vino particolare, curioso ed interessante che presenta un notevole contrasto tra le sensazioni olfattive e quelle gusto-olfattive.

L’unico vino rosso assaggiato è stato il Friuli Colli Orientali Refosco dal peduncolo rosso “At” 2018, vino che abbiamo trovato assai gastronomico.

Le uve provengono da vigneti di 15 anni d’età, l’altitudine e l’esposizione sono le stesse dell’AT Oasi, fermentazione spontanea con lieviti indigeni, macerazione in vasche d’acciaio e malolattica in contenitori di cemento nei quali il vino poi s’affina per dodici mesi.
Circa 7.000 le bottiglie prodotte annualmente.

Il colore è rubino luminoso di discreta intensità.
Anche al naso l’intensità olfattiva non è esplosiva, il vino è fresco e presenta leggeri accenni vegetali e note leggermente selvatiche tipiche del vitigno, vi cogliamo un frutto rosso che rimanda alla ciliegia selvatica.
Mediamente strutturato, asciutto, fresco e succoso, con tannino ben presente e leggermente verde, ritroviamo nuovamente note di ciliegia selvatica.

In definitiva, come già sopra specificato, si tratta di vini che non vogliono apparire subito ma che richiedono un minimo d’attenzione per essere apprezzati al meglio.
Lorenzo Colombo

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