Sveti Nicolaj, la Ribolla slovena di Robert Princic
Un vino che racconta una storia quello presentato lo scorso 10 giugno presso il Ristorante l’Alchimia a Milano, la storia della famiglia Princic, che nel suo piccolo è anche un pezzo della storia d’Italia del ‘900.
Una storia di guerre e confini che vede, dopo la sconfitta italiana nella seconda Guerra Mondiale, interi paesi, comunità, famiglie divisi da un giorno all’altro da una linea tracciata dai vincitori, con proprietà, se non addirittura abitazioni che in un attimo si vedono suddivise in due diversi territori, due paesi, due nazioni e che costringono i proprietari a lunghi percorsi ed a utilizzare il passaporto per andare a lavorare nei propri terreni, nei propri vigneti.
E’ quello che accadde anche alla famiglia di Robert Princic, la cui madre fu costretta ad abbandonare casa e proprietà quando Cerò di Sopra, comune in cui viveva, passò alla Jugoslavia, mentre la sua frazione Giasbana – dove abitava il padre di Robert- rimase all’Italia, divenendo poi frazione di San Floriano del Collio.
Nel 2004, quando la Slovenia entrò a far parte dell’Unione Europea divenne più facile lavorare le terre rimaste oltre confine, non essendo più costretti a lunghi percorsi ed a formalità burocratiche relative ai controlli di frontiera per raggiungerli, Robert quindi riprese in mano i vigneti famigliari semiabbandonati e decise di farvi un vino, una Ribolla, Rebula in sloveno, dedicandolo al santo patrono di Cerò di Sopra, Sveti Nicolaj.
Eccolo questo vino, vinificato in acciaio ed affinato per 12 mesi in botti di rovere di Slavonia, Robert non ha voluto metterlo sotto il marchio della sua azienda, Gradis’ciutta, ma, come segno di ricongiungimento della famiglia alle sue radici, in etichetta appare unicamente Robert Princic.
Il vino ricade sotto la denominazione Primorska, la regione vinicola slovena che confina con l’Italia, i vigneti si trovano a 200 metri d’altitudine nei comuni di Zali Breg e Neblo, su suoli composti da marne ed arenarie (Opoka in sloveno) il vitigno è la ribolla gialla (Rumena Rebula) e la resa è di 70 q.li/ettaro.
L’annata in degustazione, che è anche la prima prodotta, è la 2018.
Intenso il color giallo-oro luminoso.
Di media intensità olfattiva, delicato, presenta leggere note macerative che rimandano alla buccia di mela unite ad accenni nocciolati, buona la sua eleganza.
Sapido ed asciutto al palato, si colgono accenni tannici, un buon frutto giallo leggermente speziato, accenni di vaniglia e nocciole, il legno è ben armonizzato nell’insieme, note dolci sul lungo fin di bocca.
In definitiva si tratta di un vino molto particolare ed interessante, prodotto in circa 5.000 bottiglie.
Durante l’incontro con Robert abbiamo assaggiato anche altri due vini, si tratta del Collio Friulano 2019 e del Rebus 2020.
Il primo fermenta in vasche d’acciaio e rimane sui lieviti sino al momento dell’imbottigliamento, è un vino dal color giallo paglierino luminoso, intenso al naso, fresco e pulito, emergono sentori di frutta gialla, erbe officinali ed agrumi. Dotato di buona struttura, fresco e sapido, succoso, oltre alla pesca gialla si colgono leggere note vegetali, lungo il fin di bocca sulle tipiche note mandorlate del vitigno.
Il secondo vino è un passito, frutto del blend di tre vitigni: Moscato, Picolit e Verduzzo, prodotto unicamente in 1.000 mezze bottiglie.
Si presenta nel bicchiere con un color tra l’aranciato ed il ramato, intenso e luminoso, ampio all’olfatto, con sentori d’albicocche disidratate, miele di castagno, fichi secchi e datteri. Strutturato e pastoso alla bocca, con una vena sapida che gli dona freschezza, vi si colgono caramella all’orzo, note piccanti che rimandano allo zenzero, accenni di distillato, lunga la sua persistenza.
Lorenzo Colombo