Garantito IGP: ColFondo Agricolo
Dopo un paio di mesi dal mio articolo che parlava dei ColFondo Agricolo (vedi), Carlo Macchi torna sull’argomento e approfondisce.
Un modo antico ma moderno (e piacevolissimo) per dire Prosecco
Quando iniziai a sentir parlare di ColFondo Agricolo (https://colfondoagricolo.it/) la cosa mi fece quasi sorridere e nello stesso tempo mi riportò indietro nel tempo. Il sorriso era per il termine “agricolo” che sembrava quasi velleitario in un mondo dove milioni e milioni di bottiglie di prosecco, in diversi casi prodotte con costi agricoli e tempi enologici molto ristretti, dettano legge. Il ricordo era quello di mio suocero che imbottigliava la sua poca glera dalle colline di Tarzo, sopra a Conegliano, ottenendo bottiglie col fondo una diversa dall’altra ma quasi tutte molto buone.
Naturalmente la pensano così anche i giovani produttori del trevigiano che nel 2016 iniziano a dar forma all’idea per dare importanza ad un vino che non è certamente al primo posto tra gli scopi dei tre grandi consorzi di tutela che regolano il nome Prosecco. Così viene creata un’associazione e registrato un marchio e piano piano prende piede un disciplinare interno in dieci punti a cui tutti gli aderenti devono attenersi.
Ma che tipo di vino è il ColFondo Agricolo? Da un punto di vista tecnico è un vino frizzante, cioè sotto alle 2.5 atmosfere, prodotto con Glera e altre uve autoctone del trevigiano (Perera, Verdiso, Bianchetta, Boschera, Rabbiosa) fino a un massimo del 30%.
Forse la cosa più importante è che, al contrario del Prosecco, non ha praticamente zuccheri residui, perché la fermentazione in bottiglia li azzera.
Altra regola importante è che sono vini non da bersi subito. Non per niente il loro disciplinare recita “Imbottiglia da marzo a giugno dell’anno successivo alla vendemmia e mettilo nel mercato l’anno successivo all’imbottigliamento.”. Considerate che i vini che ci hanno dato per la degustazione per la nostra guida, che pubblicheremo tra qualche giorno, sono del 2021, 2020 e 2019.
Ultime regole importanti sono l’uso del tappo corona e una fascetta sopra il tappo che cambia d colore ogni anno, con su scritta l’annata
Insomma come si poteva resistere al richiamo di un vino così particolare, antico ma moderno, che gira le spalle alla DOCG e si incammina verso una strada seguita nel passato ma oggi da riaprire? Così ho concordato una visita in zona e due degustazioni, una per capire realmente la tipologia e una per valutarli e confrontarli uno per uno, in degustazione bendata.
Ma adesso la bocca la devo chiudere perché si entra in degustazione: ne ho degustati 17 dell’ultima annata in commercio, la 2021, ma se volete nomi e cognomi ve li farò dopo l’assaggio più completo di quasi 40 etichette spalmate su tre anni. Per adesso posso dirvi che sono vini molto diversi tra loro, un range di degustazione complesso e profondo che varia in verticale e in orizzontale, nel senso che varia per zona, annata, azienda. Al naso si passa dai classici aromi di frutta bianca ai fiori, a note più profonde e terrose, fino ai lieviti e alla crosta di pane, classica degli champenois maturi, per arrivare anche a note che ricordano le birre weiss. In bocca c’è freschezza accompagnata in molti vini da sapidità e anche da un lunghezza e grassezza importante.
Se fossi in voi una di queste 200.000 l’assaggerei. Ci risentiamo comunque tra qualche giorno per le valutazioni dei singoli vini.
Carlo Macchi